Richard Dennis fu attratto dalle borse merci verso la fine degli anni sessanta, quando si guadagnava da vivere al minimo salariale come runner sul floor. Nell’estate del 1970, egli decise di fare
il suo tentativo nel campo delle contrattazioni, e con i $1.600 che si era fatto prestare dai suoi, comprò un seat alla Mid American Exchange.
La cosiddetta Mid Am è una sorta di borsa di seconda classe poiché tratta versioni in miniatura dei contratti presenti sulle piazze più importanti. La Mid Am, tende ad attrarre gli affari di
piccoli riportisti e speculatori, per i quali un unico contratto di medio calibro avrebbe un’entità troppo elevata. Per un novellino con poco capitale di rischio come Dennis, la Mid Am andava
proprio bene – e del resto era l’unica borsa merci in cui poteva permettersi un posto.
Per quel posto Dennis sborsò $1200, rimanendo con appena $400 da giocarsi. Per quanto possa sembrare inverosimile, alla fine trasformò quella piccola quota in una fortuna, che secondo alcune
stime si aggira sui $200 milioni. Secondo una frase, di una modestia a dir poco memorabile, che avrebbe detto suo padre: “Diciamo pure che Richie ha fatto fruttare benino quei quattrocento
bigliettoni”.
Sebbene Dennis abbia avuto un successo eccezionale nel suo difficile cammino, ha dovuto anche affrontare degli imprevisti drammatici. Al tempo della nostra intervista si trovava proprio nel bel
mezzo di uno di questi rovesci. Molti dei fondi comuni amministrati da Dennis hanno perso talmente tanto nel periodo compreso fra la fine del 1987 e l’inizio del 1988, da far scattare il limite
del 50 per cento di perdite per la chiusura automatica delle contrattazioni. Il portafoglio personale di Dennis ha fatto più o meno la stessa fine. Come ha espresso agli investitori in una
lettera: “Questi risultati vanno di pari passo con le perdite immense nelle mie contrattazioni personali”.
Forse uno dei tratti che più colpiscono di Dennis come operatore è la sua capacità di superare con una certa freddezza dei momenti tanto difficili. Evidentemente, egli ha imparato ad accettare
che delle grosse perdite sporadiche come queste fanno parte del gioco. Momenti come questo non scuotono la sua fiducia, in quanto egli crede che in fin dei conti si riprenderà se solo tiene fede
ai fondamenti della sua strategia di trading. Se non lo avessi saputo, vedendo lo spirito e la sicurezza dell’uomo che stavo intervistando, avrei pensato che avesse appena realizzato una fortuna
invece di averne persa una.
Quale che sia lo stereotipo dell’immagine del multimilionario, esso non si addice a Dennis. Il suo stile di vita modesto è leggendario. Di fatto, la sua unica spesa folle sono le sue
ragguardevoli donazioni a scopi politici e benefici. Anche la sua visione politica non si accosta all’immagine popolare del riccone. Dennis è il fondatore del Roosevelt Center for American Policy
Studies, una roccaforte del pensiero progressista, e sostiene il concetto delle aliquote fiscali più alte per gli Americani ricchi.
Negli anni scorsi, ha assunto un ruolo sempre più attivo nel mondo della politica, appoggiando una serie di candidati progressisti. Diversamente dal trading, la sua media di sconfitte–vittorie in
politica è stata deludente. Nella corsa alla presidenza del 1988, Dennis fu il co-coordinatore Nazionale della campagna in favore di Babbit.
Tracciando una lista di candidati da intervistare per questo libro, il nome di Dennis non poteva mancare. Quando si parla di trading, egli rappresenta una delle leggende più eminenti dei nostri
tempi – un operatore che è stato citato da svariati altri personaggi intervistati in questo libro, con la frase: “Siamo su livelli diversi”.
Nel preparare l’intervista, ho avuto a che fare con uno degli assistenti di Dennis. Dopo che io gli avevo spiegato il progetto, mi disse che avrebbe parlato con Dennis per farmi sapere qualcosa.
Circa una settimana dopo, mi arrivò una telefonata per informarmi che Dennis avrebbe potuto ricevermi a distanza di un mese per esattamente un’ora. Gli spiegai che sarei andato a Chicago per
intervistare proprio Dennis e che un’ora era un tempo un po’ limitato per spaziare su tutti gli argomenti essenziali.
La risposta in sostanza fu: è questo il tempo che concediamo; il messaggio implicito: prendere o lasciare. Accettai, sperando che avrei avuto un po’ di tempo in più se l’intervista fosse andata
per il meglio. Arrivai circa cinque minuti prima dell’orario stabilito e mi fecero accomodare in un ufficio grande ma innegabilmente senza pretese. Dennis arrivò puntualissimo, mi strinse
educatamente la mano e si sedette alla sua scrivania.
Si scusò fin da subito se, nel corso della intervista, ogni tanto avrebbe dato un occhiata allo schermo delle quotazioni, spiegandomi che contemporaneamente sarebbe stato attento all’intervista,
e che se avesse dovuto interrompersi per piazzare una ordinazione me lo avrebbe segnalato. Dal momento che anche io avevo dell’esperienza in fatto di contrattazioni (quantunque su scala
infinitamente inferiore), gli dissi di comprendere perfettamente la situazione.
Quando iniziò l’intervista, mi sembra che entrambi non ci sentissimo perfettamente a nostro agio.
Nel caso di Dennis, credo che fosse una questione di autentica timidezza, almeno quando incontrava qualcuno per la prima volta. Trascorsi cinque o dieci minuti, la tensione si era già dissipata,
il clima si fece rilassante e la conversazione naturale. Dopo quarantacinque minuti, nel pieno dell’intervista, cominciai a pensare che le cose stavano andando così bene che Dennis avrebbe
proseguito la nostra conversazione oltre i sessanta minuti concessi.
Ad esattamente dieci minuti dalla fine dell’ora, la mia illusione svanì bruscamente. “Mi rimangono solo ancora dieci minuti”, mi disse, “perciò se c’è qualcosa di importante da chiedermi, lo
faccia ora!”. Mi misi a rovistare nel mio schedario e cercai in fretta di individuare le domande chiave che avevo ancora lasciato da parte. Alla fine dell’ora esatta, Dennis disse: “Questo è
tutto il tempo che ho, grazie”.
Una categoria di domande a cui non riuscii ad arrivare, riguardava il lato politico delle esperienze di Dennis. Questi argomenti comprendevano le audizioni di fronte al Senato sulla presunta
manipolazione del mercato dei semi di soia da parte di Dennis, il Roosevelt Institute ed i vari personaggi politici che Dennis aveva conosciuto. Sebbene con questi soggetti si entrasse certamente
in un campo interessante e variegato, non erano pertinenti al punto centrale del libro. Di conseguenza, scelsi delle domande relative alla attività borsistica prima di cercare di dirigermi verso
qualsiasi soggetto ad orientamento politico.
Al termine dell’intervista, mi giocai l’ultima carta dicendo: “Non sono riuscito a farle nemmeno una domanda di carattere politico”.”Comunque sia, il lettore non sarà senz’altro interessato a
questo aspetto”, tagliò corto Dennis, congedandosi educatamente e lasciando l’ufficio.
Circa sei settimane più tardi, richiesi ed ottenni una intervista supplementare con Dennis. E’ da questo secondo incontro che ho tratto la porzione di intervista che riguarda il problema del
deficit di budget e delle grosse perdite di Dennis nel suo fondo di investimento.
Un mese dopo la nostra ultima conversazione, Dennis diede l’annuncio che si sarebbe ritirato dalla borsa per concentrarsi a tempo pieno sui suoi interessi politici. Ritornerà mai alle
contrattazioni? Può anche darsi, ma non ci scommetterei.
Come ti trovasti coinvolto per la prima volta nel trading sulle merci?
Dopo il diploma di scuola superiore, accettai un lavoro estivo come commesso di borsa e mi dilettai un poco con il trading. Con il mio salario minimo guadagnavo $40 alla settimana e con il
trading perdevo $40 in un ora. Non sapevo quello che facevo. Il vantaggio era che almeno lo dovevo fare con delle somme di denaro piccole. Se vogliamo, il costo delle lezioni era basso per quello
che stavo imparando.
Ho sentito dire che tu, prima di compiere i 21 anni, avevi piazzato tuo padre al pit, mentre tu eri ai lati dello stesso e gli segnalavi le operazioni da fare.
Correvano gli anni di grazia 1968 e 1969. Mio padre era membro della borsa ma non sapeva molto di trading. Ci si adattava perché io non avevo l’età e lo volevo fare. Quando compii i ventun anni,
fu uno dei giorni più felici della sua vita perché disse: “E’ una cosa che odio davvero. Non ho idea di quello che sto facendo.Ora è tutto tuo!”
Far trading per interposta persona ti poneva in svantaggio rispetto agli altri?
Decisamente. Perdemmo consistentemente. Ma non potete aver perso tantissimo dal momento che trattavate una quantità ridotta di denaro. In tutto quel periodo probabilmente ho perso un paio di
migliaia di dollari.
Lo consideri un periodo proficuo, nonostante tutto, per le lezioni imparate?
Si, a posteriori, vorrei dire ai nuovi operatori – anche se può non sembrare rassicurante – quando cominciate, dovreste essere un operatore tanto scarso quanto non lo sarete mai più.
Perché in quel momento costa meno?
Esatto. Non ti dovresti meravigliare troppo se mandi tutto in malora.
Conosci degli operatori per i quali il successo iniziale si è trasformato nella loro rovina?
Ho notato delle varianti sul tema. C’è un sacco di gente che riceve un imprinting come se fosse una papera. Puoi insegnare loro che una nave da guerra è la loro mamma se li prendi abbastanza
giovani. Per molti operatori, non conta tanto se il loro primo trade abbia o meno successo, ma se il primo profitto sia realizzato con un'operazione al rialzo o con una al ribasso. Queste persone
tendono ad esser perenni tori o perenni orsi [rialzisti o ribassisti], e ciò è molto negativo.
Entrambe le direzioni devono andare altrettanto bene. La soddisfazione psicologica non deve essere maggiore nell’uno piuttosto che nell’altro caso. Se lo è, allora la tua operazione sta per
andare storta. Penso che sia quello che è successo ad un sacco di persone nel 1973 in occasione della forte tendenza al rialzo del mercato dei semi di soia. Anche se non furono loro stessi a far
soldi, ma erano soltanto presenti ad assistere alla mania della borsa a vedere qualcuno che stava facendo un sacco di soldi, rimasero condizionati da quello.
Stai dicendo che a causa di quella esperienza vi fu una successiva predilezione per l'assunzione di posizioni al rialzo?
E' proprio così!
Cosa ti ha dato il coraggio quando hai cominciato la prima volta ad operare con il Mid America Exchange, con un capitale così piccolo? Dopo tutto, al primo errore saresti stato
fuori?
Ma no, il vantaggio del Mid American Exchange era che vi si trattavano dei contratti mini. Avevo la tendenza fare certi errori, ed alcuni di questi li ho anche effettivamente fatti, ma non tutti.
Non so se avessi coraggio. Avevo solo quello che ha un sacco di gente quando entra in questo mondo: il bisogno di provare ad avere successo. Voglio dire, se uno dovesse utilizzarlo per una
scommessa, dovrebbe sicuramente puntare sul proprio insuccesso. Su questo non c’è alcun dubbio.
La maggior parte degli operatori non ha successo il primo anno. Tu che cosa facevi di diverso?
Ho azzeccato abbastanza cose tanto da non andar sotto anche con quel piccolo capitale. Fui abbastanza fortunato da barcamenarmi fino a ritrovarmi con le posizioni giuste prima della grande
apoplessia che ha colpito il grano nel 1970.
Si trattò di fortuna o di lungimiranza?
Credo che fu più lungimiranza. A quei tempi, non avevo ancora idee, regole e orientamenti ben definiti in fatto di mercato. Ma un po’ di quello che avevo imparato era corretto, come ad esempio il
principio di seguire la tendenza del mercato.
Un venerdì, i mercati dei cereali chiusero ai loro massimi dell’anno. Io credevo – e ci credo ancora – che si deve seguire la tendenza, e che più forte la tendenza è, meglio è. Mi ricordo che
entrai proprio all'ultimo, prima della chiusura comprando giusto un paio di minicontratti di grano, avena e semi di soia. Il lunedì mattina riaprirono limit up a causa delle notizie sulla
apoplessia del grano.
Naturalmente, tutto ciò sarebbe anche potuto non accadere; in tal caso la strada sarebbe stata senz'altro più lunga e perigliosa. Ci sarebbe voluto molto più tempo per arrivare ai $2.000 che, in
rapporto ai $400, costituivano una vera manna. Ma non fu come lanciare la monetina e poi decidere quello che fare. Feci qualcosa che pensavo avrebbe funzionato nel lungo termine – seguii la
tendenza.
Trovi che questa specifica situazione – una chiusura molto forte il venerdì – sia una caratteristica del mercato utile come indicatore della fluttuazione dei prezzi per la settimana
successiva?
Si, almeno fino a un certo punto. E’ importante non avere una posizione corta in perdita il venerdì, se il mercato chiude al rialzo, o una posizione lunga se chiude al ribasso.
Un fatto che mi ha molto incuriosito è che ti fossi iscritto ad un corso universitario nonostante il tuo successo iniziale come operatore.
Mi iscrissi ad un corso universitario prima dell’estate del 1970, cioè quando operai per la prima volta al pit. Avevo già pianificato di continuare con la borsa anche d’estate, ma i tre mesi ed i
$3.000 dollari di profitto mi avevano fatto molta impressione.
Andai a Tulane a New Orleans e resistetti per circa una settimana. Usavo i miei quarti di dollaro per la lavanderia, per passare telefonicamente gli ordini a Chicago. Una volta finiti i quartini
e rimasto con nient’altro che vestiti sporchi, non avevo altra scelta che ritornare a Chicago.
Da allora sei diventato un operatore della borsa merci a tempo pieno?
Sì.
Quale è l’esperienza di borsa più drammatica o più emozionante che ti torna in mente?
C’è ne è una nel primo anno. Avevo appena abbandonato il corso universitario. Un giorno, un operazione mi andò particolarmente male e persi $300. Dal momento che avevo solo $3000, rappresentò una
grossa perdita e fu destabilizzante. Allora insistetti nell’errore ribaltando la mia posizione, e persi ancora. Per finire in bellezza, ritornai ancora alla mia posizione iniziale e persi per la
terza volta. Alla fine del giorno, avevo perso $1000, ovvero un terzo del mio intero capitale.
Da allora, ho imparato che quando si ha una perdita destabilizzante, conviene uscire, andare a casa e farsi un sonnellino, tenersi occupati, pur di far passare un po’ di tempo fra quella e la
vostra prossima decisione. Quando vi picchiano a morte, tiratevi fuori dalla mischia. Guardando indietro, mi accorgo che se avessi avuto una regola in fatto di perdite, non avrei avuto una tale
esperienza traumatica.
A posteriori, te la sentiresti di affermare che quella fu una delle tue puntati migliori perché rimanesti così condizionato da quella esperienza che non avresti più fatto un errore di
quella entità, in proporzione?
Assolutamente. Ho imparato ad evitare di tentare di rimettermi in pari o di raddoppiare per recuperare le perdite. Ho anche imparato che una perdita di una certa entità condizionerà la capacità
di giudizio, perciò bisogna far passare un po’ di tempo fra la perdita e la operazione successiva.
Mi sembra che il motto potrebbe essere: quando le cose non vanno per il verso giusto, non forzare, non insistere.
Si. Dopo tutto, quel che è fatto è fatto, si devono minimizzare le perdite e cercare di conservare il capitale per quei pochi casi in cui si può realizzare molto in tempo molto breve. Quello che
non ci si può permettere di fare è di gettare via il capitale in operazioni mediocri. Se lo si fa, si sarà troppo debilitati per contrattare quando si presenta la posizione giusta. Anche se
riuscirete a posizionarvi per il trade, la vostra posizione sarà relativamente piccola perché il vostro capitale sarà stato decimato dalle altre operazioni.
Il mercato dei semi di soia del 1973 è stato il tuo primo vero grande mercato?
Feci abbastanza soldi in quella piazza per poter andare al Chicago Board of Trade l’anno dopo. Non feci soldi solamente seguendo i semi di soia. Ero fondamentalmente un operatore sul pit, che
comprava e vendeva in continuazione. I mercati erano buoni, perché vi era un ottimo flusso di ordini. Fu un grande momento per stare in mezzo al pit.
Allora non era tanto una questione di capire la tendenza. Era più un problema di riuscire a fare la cresta al mercato. Anche, ci fu così tanta gente che fece delle operazioni pessime solo per
prendere un minimo profitto. Uscivano dal mercato anche se il mercato era stato bloccato limit up e sarebbe salito quasi sicuramente anche il giorno dopo. Avevano paura che i soldi in tasca
cominciassero a scottare. Io tentavo di entrare proprio quando loro stavano uscendo.
Sembrerebbero dei guadagni facili.
Vi era un certo margine di rischio, ma se eri disposto a seguire una tendenza forte, era un affare. Ti stavano concedendo un discreto vantaggio per farlo.
Garantendoti, così, un'alta probabilità che il giorno dopo ti saresti ritrovato in vantaggio di posizione?
Basti ricordare che alcuni di questi mercati si mantennero in limit up anche per dieci giorni di fila. La maggioranza della gente pensava che fosse impossibile avere anche solo quattro o cinque
giorni consecutivi di tale situazione.
In una situazione dove un mercato va limit up, limit up e ancora limit up, può darsi che ad un certo punto il mercato apra limit down .
Come riconosci o intuisci quando non comprare per il pericolo di rimanere incastrato?
E’ un mero calcolo di probabilità. L’esito è altamente volatile, ma sai che comprando in tale situazione, le probabilità sono a tuo favore.
Negli anni i cui tu hai fatto l’operatore, ci sono stati degli anni davvero negativi?
Ci sono mai stati uno o due mercati sui quali ti sei sbagliato clamorosamente col risultato di avere una cattiva annata? Quando ci sono state delle cattive annate, non era certo un solo mercato a
provocarle. In quelle situazioni, sono quasi tutti i mercati che sbandano e fanno un sacco di false partenze. Se solo uno dei mercati è decente, di solito questo è abbastanza per evitare una
cattiva situazione.
Fra tutti, vi è un anno che spicca in modo particolare?
Il 1978 non fu un buon anno per la borsa. Ho sommato perdite a perdite che si potevano evitare perché avevo intrapreso il passaggio da floor trader a desk trader e non avevo idea di quanto
diverse fossero le due cose.
L’anno 1978 è stato quando hai cominciato ad operare da un ufficio?
Nel 1977 ero ancora in prevalenza un floor trader e per il 1978 avevo fatto il passaggio a tempo pieno.
Questo cambiamento ti portò a diventare più un operatore a lungo termine?
In fin dei conti, ciò che ho imparato dal 1978 è che come desk trader si deve puntare di più sul lungo termine. Sul floor, se sembrava che i semi di soia stessero per sfondare i 3 centesimi,
avrei venduto, e se non crollavano, mi sarei ritirato. Non ci si può permettere questo lusso fuori dalla sala, perché perdi il vantaggio competitivo quando inoltri gli ordini. Inoltre, le
valutazioni che si fanno osservando i prezzi sullo schermo non sono così buone come quelle sul floor, guardando quello che succede. Sul floor, ci sono sempre degli indicatori che si assimilano
inconsciamente, del genere “questi tre non c'azzeccano mai quando il mercato gira”, e se si mettono a fare tutti e tre la stessa cosa allo stesso momento, scatta un campanello di allarme. Mi ci
volle del tempo prima di rendermi conto che questi attrezzi non sarebbero più stati disponibili.
Perché questo cambiamento? Stavi andando molto bene. Perché passare alla scrivania?
Quando cominciai nel 1970, non cerano ancora mercati futures sulle valute, sui tassi di cambio o sull'oro. Nel 1978 questi mercati esistevano da abbastanza tempo per poterci fare qualcosa. Con le
valute si cominciò nel 1974, ma ci vollero parecchi anni prima di raggiungere una quantità sufficiente di scambi.
Da quanto ho capito, tu ti eri fatto promotore di un programma di formazione per operatori di borsa. Che anno era?
Noi ingaggiammo un gruppo all’inizio del 1984 e un altro gruppo all’inizio del 1985.
Quale fu la spinta a realizzare questo programma?
Avevo un socio di cui ero amico fin dalla scuola superiore. Avevamo sempre degli scontri teorici praticamente su qualunque cosa si possa immaginare. Una di queste discussioni verteva sulla
possibilità di ridurre ad un insieme di regole le attitudini di un operatore di successo – il mio punto di vista era questo – o se un buon operatore era dotato anche di un qualcosa di ineffabile,
mistico o intuitivo. Questa discussione era andata avanti per un sacco di tempo, e forse cominciavo a sentirmi frustrato dalle speculazioni oziose. Finalmente, dissi: “Ecco qua un modo per
risolvere una volta per tutte questa discussione. Ingaggiamo delle persone e facciamogli un corso”.
Lui fu d’accordo. Fu un esperimento intellettuale. Le addestrammo al massimo delle nostre possibilità. Era questo il modo per far bene l’esperimento, io pensai. Provai a codificare tutte le cose
che sapevo in fatto di mercati. Gli insegnammo qualcosa sulle probabilità, la gestione del proprio capitale e sulle tecniche di trading. Venne fuori che avevo ragione. Non lo dico per farmi da
solo i complimenti, ma io stesso rimasi sorpreso per come andò bene. E' davvero incredibile come andò bene.
La tua opinione in sostanza è che si possa prendere qualunque soggetto con una intelligenza accettabile e trasformarlo in un operatore di successo?
No. Operammo una selezione di persone che secondo noi sarebbero potute andar bene. Avevamo ricevuto 1000 offerte e avevamo proceduto a selezionare quaranta soggetti, che intervistammo. Poi, ne
scegliemmo dieci.
Quali erano le qualità che cercavate?
Preferirei non discuterne ora perché se io le dicessi che, ad esempio, una delle cose che cercavamo erano dei buoni giocatori di scacchi, se mai lo rifacessimo, poi verremmo inondati da curricula
di giocatori di scacchi.
L’intelligenza era uno di detti elementi?
Era una delle caratteristiche, ma non era la caratteristica. Per trovare le qualità di cui eravamo in cerca, potevamo scegliere fra le persone intelligenti o quelle intelligentissime. Scegliemmo
quelle intelligentissime solo perché ne avevamo abbondantemente a disposizione.
Confidavi i segreti del mestiere senza riluttanza alcuna?
Certo, non penso proprio che le strategie di mercato siano così vulnerabili da non funzionare se la gente ne sa qualcosa, come invece crede la maggior parte degli operatori. Se quello che stai
facendo va bene, funzionerà anche se la gente ne ha una idea generica. Io dico sempre che si potrebbero pubblicare sul giornale tutti i principi del trading e nessuno li seguirebbe. La chiave sta
nella solidità e nella disciplina. Praticamente chiunque potrebbe compilare una lista di regole che siano all’ottanta per cento tanto buone quanto quelle che abbiamo insegnato ai nostri allievi.
Quello che non riuscirebbe a fare è avere il coraggio di attenersi a quelle regole anche quando le cose si mettono male.
Quanto durò il periodo di formazione?
Fu sorprendentemente breve. Nel primo anno, durò due settimane. Poi facemmo loro fare un mese di trading con l'obbligo di tenere un diario che indicasse le motivazioni per cui avevano effettuato
quelle operazioni. Volevamo vedere se erano coerenti nel fare quello che gli era stato insegnato. Il secondo anno diventammo davvero bravi: il corso durò solo una settimana.
Quanti allievi c’erano la seconda volta?
Ventitre in tutto.
Con quali risultati?
Allontanammo tre persone che non andarono bene. Comunque, gli altri venti realizzarono in media un profitto annuo del 100 per cento.
Quando formi le persone, gli racconti il tuo approccio di base verso il mercato. Non c’è il rischio di creare venti cloni di Richard Dennis? I loro risultati non sarebbero strettamente
correlati a quello che tu stai facendo?
C’era una enorme divaricazione. Una delle cose che continuavamo a ripetere alla classe era: “Vi stiamo per insegnare quello che secondo noi va bene, ma si presuppone che voi aggiungiate il vostro
fiuto, la vostra sensibilità o la vostra capacità critica personale”.
Quale è l'entità delle somme che questi operatori maneggiano ora?
C’è stato un aumento progressivo negli anni mano a mano che facevano soldi. Direi, in media, circa due milioni di dollari a testa.
Con che cosa hanno cominciato?
Con centomila dollari a testa.
Ho sentito parlare di questo gruppo di operatori che vengono chiamati “tartarughe”. Lo trovo un termine piuttosto divertente. Da dove viene?
Quando decisi di fare il programma di formazione operatori di borsa, ero appena ritornato da un viaggio dall’Estremo Oriente. Raccontando a qualcuno del programma, dissi:”Alleveremo gli operatori
proprio come allevano le tartarughe a Singapore”. Là avevo visitato una fattoria e avevo visto una tinozza enorme con migliaia di tartarughe che sguazzavano; è così che mi raffiguro la crescita
degli operatori.
Quanto conta la fortuna negli affari di borsa?
Nel lungo termine, zero. Assolutamente zero. Credo che nessuno finisca a far soldi in questo settore solo perché ha cominciato con un colpo di fortuna.
Ma sul singolo affare, ovviamente, può incidere o no?
Ecco dove si crea confusione. Qualsiasi singolo affare dipende quasi completamente dalla fortuna. E’ solo una questione di statistica. Se prendi in considerazione un qualcosa che ogni volta ha il
53 per cento di possibilità di funzionare, nel lungo termine c’è una probabilità del 100 % che funzioni. Se passo in rassegna i risultati di due operatori diversi, guardando ad un qualunque
periodo inferiore ad un anno, questo confronto non ha alcun senso. Possono volerci un paio di anni prima di stabilire quale sia migliore dell’altro.
Tu sei una delle poche persone che può fare sia l’operatore discrezionale sia quello meccanico. Come paragoneresti i due diversi approcci?
Gli operatori di professione possono anche fare delle cose molto intelligenti, ma hanno la tendenza a non pensare in modo sistematico a quello che stanno facendo. Per esempio, la maggioranza
degli operatori che fanno una operazione non penseranno: “Perché è andata bene?”.
“Che cosa ho fatto qui che potrei essere in grado di fare anche in un altro mercato, in un altro momento?” Non si riflette molto durante un'operazione. Io, per contro, penso di essere sempre
stato propenso all'analisi in fatto di borsa, anche prima di essermi messo a cercare un metodo meccanico.
All’estremo opposto, ci sono i tipi accademici che fanno ricerche ancor prima di aver mai operato in borsa. Gli manca quel fiuto necessario per sviluppare un buon sistema borsistico. Per fortuna,
io ho fatto prima l’esperienza di borsa. Pertanto, la ricerca che facciamo si applica meglio al mondo della realtà.
Mi puoi fare un esempio di come la mancanza di esperienza reale potrebbe danneggiare il ricercatore?
Come esempio, supponiamo di sviluppare un metodo meccanico che collochi i punti di stop laddove la mia esperienza mi insegna ve ne saranno molti. Nel mondo reale, non è particolarmente
intelligente doversi fermare proprio lì dove anche tutti gli altri devono fermarsi. Inoltre, questo sistema avrà scostamenti maggiori della media. Se non lo capisci e calibri i risultati di
conseguenza, otterrai un metodo che sembra grandioso sulla carta ma che sarà sempre più scarso nel mondo reale.
Hai accennato che prima di elaborare un metodo meccanico, facevi molta attenzione alla fase di costruzione della operazione. Tenevi un diario delle cose giuste e sbagliate che facevi, o
era solo una questione di memoria?
Si, ero solito annotare delle osservazioni e rifletterci su. Pensavo a tutto quello che facevo.
E’ una cosa che consiglieresti di fare agli altri operatori per migliorare – cioè, il fatto di tenere il filo di quello che stanno facendo giusto o sbagliato?
Come no?. Un'operazione di borsa è un’ esperienza così intensa che vi è un tendenza naturale a rifuggire dal pensarci su ancora, una volta che la giornata è passata. Sono anch’io così quando le
cose vanno bene. Ma quando non vanno bene, è una cosa che mi sprona a riflettere su che cosa stia facendo e come potrei farlo meglio. Quando le cose vanno male, gli operatori non dovrebbero
ficcare la testa sotto la sabbia e sperar solo in un miglioramento.
Stai dicendo che in quei momenti in cui si farebbe volentieri a meno di pensare al mercato invece sono proprio quelli in cui ci si dovrebbe riflettere di più?
Esatto. Ed è una cosa che personalmente non mi crea alcun problema perché i mercati per me rappresentano una ossessione.
Che cosa fai in una situazione in cui il tuo intuito di operatore ti dice una cosa mentre i tuoi sistemi indicano un'altra direzione?
Se sono agli estremi opposti, non si fa niente fino a che non si risolve questo conflitto.
La maggioranza dei tuoi sistemi si orientano naturalmente verso il trend?
Si.
Così, per definizione, al momento delle inversioni di mercato non saranno mai nella direzione giusta. E tuttavia tu, che sei un operatore esperto, sarà in grado di intuire quando un
mercato sarà propenso ad un'inversione. In una situazione come questa, avresti voglia di comprare spinto da quello che vedi, anche se il tuo sistema si mette, ad esempio, al
ribasso?
Probabilmente preferirei restare immobile, dal momento che tendo a dare alla parte psicologica e influenzabile dell'attività di borsa, più o meno lo stesso peso che do alla componente tecnica e
di perseguimento del trend.
Allora prima di investire, ti assicuri che il mercato dia dei segnali di inversione?
La cosa più probabile è che avrò una posizione nella direzione giusta del trend e poi deciderò di liquidare più in fretta di quanto mi suggerirebbe di fare un sistema che segue il trend, grazie
al fattore intuitivo.
E cosa ne pensi del fatto di entrare in controtendenza rispetto al trend prevalente?
Se l'ho fatto? Certo che sì, ma come regola generale è assolutamente sconsigliabile!
Gli operatori che agiscono così, ottengono meno degli altri?
Di solito si, anche se di tanto in tanto possono azzeccare una mossa grandiosa, come quella di vendere zucchero al ribasso a 60 centesimi, cosa che ho fatto io. [lo zucchero precipitò da un picco
di 66 centesimi nel novembre del 1974 ad un minimo relativo sotto i 12 centesimi appena sei mesi più tardi. Ciascun movimento dello zucchero dell’uno per cento vale $1.120 per contratto. Un
grosso operatore come Dennis spesso tratta delle posizioni di borsa valutabili in termini di migliaia di contratti.] Di storie così ne ho una decina. Ma ti devo dire, in tutta onestà, che non
penso che in genere le operazioni che ho condotto in questo modo mi abbiano fatto guadagnare.
L’operazione a ribasso sullo zucchero è un grande esempio perché il mercato aveva vissuto un incredibile movimento al rialzo e ci volle molto coraggio per inserirsi come venditore a 60.
Ma prendi il caso opposto, quando lo zucchero è in un vero mercato al ribasso ed è sceso fino a 5 centesimi; qualsiasi sistema del mondo che segue il trend sarà ribassista. Tuttavia, se le
condizioni sono tali per cui i fondamentali sono in transizione ed il prezzo di mercato è solo poco più alto del costo della scatola in cui viene messo, faresti una eccezione al
sistema?
A dire il vero, ho perso più soldi in situazioni come questa perché basta solo che il mercato vada giù di un centesimo e tu vai fuori. Ho fatto un sacco di soldi a vendere zucchero allo scoperto
a 60 centesimi, ma ho perso molto di più a giocare al rialzo con lo zucchero a 6 centesimi.
Quando fai una operazione del genere, vale a dire, acquistare in un mercato perché il ribasso è così detto “limitato”, butti il cuore al di là dell’ostacolo o, a quel punto, getti la
spugna?
Getti la spugna. Come fai a sapere dove andrà a finire? Forse va a due centesimi; forse arriva ad un centesimo.
Credo che una delle preoccupazioni principali sia quella che ti trovi a cedere costantemente il premio nei mesi a venire. [In un mercato in ribasso i contratti successivi tendono ad essere
scambiati a premio. Per esempio, ammettiamo che il contratto maggio sullo zucchero sia a sei centesimi, il contratto luglio a 6 e mezzo e il contratto ottobre a 7. Anche se il prezzo a pronti
rimane stabile, un detentore di future su ottobre perderebbe un centesimo fra maggio e ottobre].
Certo. Ti tocca uscire a 3 per poi rientrare a 5. Poi ripiomba ancora a tre.
Altrimenti, non ci sarebbe granchè rischio ad operare così.
Esatto. L’idea che vi sia una tendenza del mercato che, in mancanza d’ altro, abbia di per sé molte più probabilità di funzionare, è una illusione. Se ciò fosse vero, il mercato non esisterebbe
nemmeno.
Ci fu un sacco di gente che puntò al ribasso sui semi di soia a $4 nel 1973 perché, proprio come lo zucchero a 4 centesimi non sarebbe potuto andare più in basso, i semi di soia a $4 non
sarebbero potuti andare ancora più in alto. Ebbene, non solo salirono, ma arrivarono a $12.97 nel giro di quattro o cinque mesi. Vi è un altro punto che mi sembra importante. In questo mestiere,
bisognerebbe aspettarsi gli imprevisti; aspettarsi l’estremo. Non pensare in termini di confini che limitino quello che il mercato può fare. Se mai vi è una lezione che ho imparato in questi
vent’anni che faccio questo mestiere, è che l’imprevedibile e l’impossibile ogni tanto capitano.
Perciò non bisogna rifarsi troppo alla storia?
No, perché un buon sistema trend-follower vi terrà nel mercato fino a che non vi è la prova che il trend è cambiato. Se uno avesse fatto delle ricerche storiche sul mercato dei semi di soia del
1972, avrebbe concluso che ogni volta che i semi di soia avanzavano di 50 centesimi, si poteva senz'altro uscire, perché il mercato non si era mai mosso al rialzo o al ribasso in misura superiore
a tale valore. Naturalmente, quella fu una conclusione sbagliata perché salì di altri $8. Comunque sia, un buon sistema trend-follower vi avrebbe tenuto dentro per la maggior parte del
movimento.
Ma allora non vuoi tracciare dei confini storici attorno al comportamento del mercato?
Esatto. L’approccio corretto consiste nel dire: “Questa conformazione significa rialzo, questa conformazione significa fine del rialzo'', ma non ''Questa conformazione significa rialzo fino a
questo punto e poi basta”.
Quando utilizzi un sistema, segui la versione del sistema che in passato si è dimostrata migliore, o vi sono altri fattori che guidano la scelta?
Uno dei problemi più ardui nel decidere come operare è se rifarsi a ciò che è ottimale secondo i dati raccolti, o se partire da qualche altra parte. Si può deliberatamente contrattare qualcosa di
diverso dal “parametro ottimale predefinito” [versione del sistema con la miglior prestazione] perché si pensa che nel futuro una certa cosa ben definita sarà diversa.
Per definizione, qualsiasi altro parametro predefinito sarà destinato a dare una prestazione più scarsa di quella del parametro ottimale. Ma se la differenza di prestazione è solo del 10 per
cento, si può ben sacrificare quella differenza del 10 per cento se si crede che il parametro predefinito secondario, valutato in base agli ultimi dati, sarà più adeguato al futuro.
Sei passato dall’essere un operatore molto piccolo ad essere un operatore molto grande, soprattutto adesso che maneggi denaro altrui. Trovi che l’ordine di grandezza sia un intralcio?
Diventa sostanzialmente più difficile avere successo quando si sta operando con grandi quantità?
Ad un certo livello si. Tuttavia, non credo che abbiamo ancora raggiunto quel punto, anche se probabilmente non ne siamo neanche tanto lontani. Penso, tre volte l’ammontare che stiamo gestendo
ora e ci troveremmo proprio a quel punto. Attualmente abbiamo circa $120 milioni in fondi clienti.
In altre parole, non hai ancora raggiunto il tetto?
No.
Ciò è dovuto al fatto che stai usando molti approcci diversi, pertanto, i tuoi ordini non finiscono tutti in un unico snodo?
Si, si deve pensare alla diversificazione. Se si ha un metodo solo o se si è da soli nel prendere tutte le decisioni, alla lunga non si riesce a gestire una somma considerevole. Ma se ci si
avvale di strategie diverse e si prende una pluralità di soggetti decisori, si possono maneggiare parecchie centinaia di milioni di dollari senza particolari problemi.
E’ possibile che questa sia stata una motivazione inconscia per lo sviluppo del tuo programma di formazione – ovvero provare a diversificare il processo decisionale?
In effetti, non lo avevamo concepito in questi termini, ma ha giocato a nostro vantaggio. In effetti, stiamo cercando di lanciare sul mercato alcuni degli operatori che avevamo formato per la
gestione di fondi comuni.
Nelle tue operazioni vi è un problema di “slippage” [lo “slippage” è la differenza fra il costo teorico di esecuzione stimato da un programma di computer ed il costo effettivo di
copertura.]
Normalmente no. Cerchiamo di fare delle valutazioni puntigliose quando immettiamo in un sistema il costo delle operazioni. Inoltre, avendo intermediari nostri riduciamo significativamente i
costi.
Quando detieni una posizione rilevante, a che punto ti rendi conto che ti stai sbagliando? Che cosa ti suggerisce di uscire dalla posizione?
Se subisci una perdita su un'operazione dopo una settimana o due, stai chiaramente sbagliando. Anche quando ti trovi attorno al pareggio, ma è passato un periodo di tempo significativo, è
ugualmente probabile che tu stia sbagliando.
Decidi sempre quanto sei disposto a perdere su una singola operazione, prima di porla in atto?
Si dovrebbe sempre avere un punto di deterioramento massimo della propria posizione. A quel punto l’unica opzione dovrebbe essere quella di ritirarsi più velocemente possibile.
Sei un operatore largamente autodidatta, o altri operatori ti hanno dato delle lezioni proficue?
Direi che sono un autodidatta. Quello che mi sorprende è quanto poche siano le pubblicazioni sulla borsa.
C’è qualcosa che raccomanderesti alle persone che sono interessate di borsa?
Penso che “Reminescences or a Stock Operator” –I Ricordi di un Agente di Borsa – [la biografia romanzata di Jesse Livermore, il leggendario trader] sia interessante e colga molto bene il
sentimento che si prova a partecipare al gioco, ma quel libro fu scritto sessantacinque anni fa.
Esistono delle strategie chiave di cui puoi parlare senza rivelare alcun segreto?
Il fatto che il mercato segua una certa tendenza è la cosa principale che in fin dei conti ci fa cominciare un'operazione. Il che rappresenta indubbiamente un'idea molto semplice. Essere coerenti
e stare attenti ad esserlo ogni volta, probabilmente conta di più dei criteri specifici che si possono impiegare per determinare la tendenza. Qualunque metodo usiate per entrare nelle operazioni,
il punto più delicato è che se si verifica un movimento rilevante, il vostro metodo dovrebbe garantirvi l’ingresso in quel movimento.
Si può facilmente definire un trend usando un sistema semplice. Per determinare un trend, tu cerchi qualcosa in particolare?
No. Se vedo che sta emergendo una tendenza, so che alla fine ci dovrò entrare. La domanda è se entrarci prima o dopo, e ciò può dipendere da come vedo che il mercato sta reagendo alle notizie. Se
un mercato sale quando dovrebbe salire, potrei comprare prima. Se scende quando invece dovrebbe salire, aspetterò finché la tendenza non sia meglio definita.
Fino a che punto i mercati si comportano in modo uguale? La struttura del mercato dei cereali è simile alla struttura del mercato dei titoli obbligazionari, oppure ciascun mercato ha la
propria personalità?
Potrei operare senza nemmeno sapere come si chiama il mercato.
Allora, stai dicendo che all’interno di mercati diversi vi sono delle strutture molto simili?
Si. Nelle nostre ricerche, se un sistema non è attuabile sia sui semi di soia che sul T-Bond a noi non interessa.
Te la sentiresti di dire che il mercato azionario fa eccezione? Cioè, il mercato azionario si comporta anche come altri mercati, oppure il mercato azionario ha una sua configurazione
peculiare?
Penso che sia un mercato abbastanza a sè stante.
Che cosa te lo fa dire?
Le mie ricerche sulle singole azioni mostrano che le fluttuazioni di prezzo sono più vicine alla casualità di quanto lo siano nel caso delle merci. Si potrebbe dimostrare che le merci seguono una
tendenza, si potrebbe supporre che le azioni seguono la casualità.
Come si spiega questo fenomeno?
Penso che non ci sia un numero sufficiente di informazioni di base azione per azione da creare un flusso di tendenza sufficiente a smuoverle dal loro carattere casuale. Le merci non sono tante
quante sono le azioni.
In altre parole, non vi è lo stesso flusso di informazioni che vi è nel mercato sulle materie prime?
Non vi sono abbastanza informazioni, non abbastanza fondamentali. Non si attiva proprio niente.
Nel mercato sulle materie prime, le informazioni tecniche sono essenzialmente confinate al prezzo, al volume e all'open interest . Dal momento che per gli indici azionari sono disponibili
molte più informazioni – rapporti advance/decline , vari indicatori di sentiment, relazioni fra i diversi settori e così via… -, gli ordinari sistemi di adeguamento al trend partono già in
condizioni di svantaggio perché non si avvalgono di informazioni sufficienti?
Non sono sicuro che sia questo lo svantaggio. Penso che lo svantaggio sia che i prezzi degli indici azionari siano troppo vicini alla casualità per sviluppare delle tendenze sufficientemente
nitide perché i dati – le diverse azioni – sono in maggioranza casuali.
Quali considerazioni hai fatto sui recenti attacchi contro le operazioni automatiche via computer?
La gente che si lamenta dovrebbe vergognarsi di sé.
Ti riferisci al mondo finanziario?
Si. Dovrebbero essere abbastanza raffinati per capire la vacuità delle loro lamentele.
Dal tuo punto di vista, la contrattazione via terminale è un comodo capro espiatorio per la contrazione del mercato?
Certo. E una buona scusa per poter fare un pessimo lavoro per te stesso e i tuoi clienti. Ci si lamenta che gli operatori a terminale stiano svuotando le tasche della gente che stanno investendo
nel mercato azionario. Non ci potrebbe essere nulla di più falso. La contrattazione via terminale può anche far viaggiare un po’ il mercato azionario, ma non in un modo sistematico. Se la borsa
telematica causa l’eccessivo aumento o diminuzione dei prezzi, ciò dovrebbe offrire delle opportunità migliori agli investitori che valutano il valore intrinseco delle azioni. Naturalmente, va
male a quelle persone che pretendono di essere degli investitori in valore, ma in realtà sono traders.
Come reagisci a delle perdite in serie?
Riduco la posizione. Se va davvero male, mi fermo e esco.
Di tanto in tanto senti la necessità di fuggire dai mercati per qualche giorno?
Di solito, ci vogliono un giorno o due, ma si ha bisogno di fermarsi per certo periodo. E’ un po’ come se un lanciatore non caricasse il colpo. Prima di tirare la palla, deve rimaner fermo almeno
per quell’attimo. E’ quello che cerco di fare io – almeno prendermi una pausa. Fosse anche per un solo giorno.
Quale è la più grossolana credenza comune sul comportamento del mercato?
Che i mercati dovrebbero avere una logica.
E le credenze in fatto di analisi tecnica?
La convinzione che i fattori tecnici non siano tanto importanti quanto i fondamentali.
Ci sono degli analisti di quali rispetti il lavoro?
C’è ne sono tanti. Zweig, ad esempio, è uno valido.
Prenderesti in considerazione il lavoro di un analista esterno come indicazione per una operazione?
No. Quando insegnavamo al nostro gruppo ad operare, ponevo una domanda ipotetica: Supponete che tutto quello che voi sapete in materia di mercato indichi un “compra”. Poi chiamate in sala e loro
vi dicono che io sto vendendo. Voi allora: a) comprate, b) vendete , c) non fate nulla ? Se non capivano che la risposta a) era quella corretta, perché dovevano prendere le proprie decisioni sul
mercato, allora non andavano bene per il mio programma.
Perché maneggi i soldi degli altri? Stai andando molto bene per conto tuo.
Ma, c’è un grosso vantaggio: il denaro in gestione offre un potenziale ritorno senza rischio. La gente è andata avanti a chiedermi per dieci anni se non mi stessi stancando di tutto questo
rischio. Non pensi mai che potresti rovinarti? Non pensi mai di fermarti? Per tantissimo tempo non riuscivo a capire di che cosa stessero parlando. Ma devo ammettere, a questo punto, che capisco
l’importanza di ridurre il tuo rischio personale. Avrei potuto contrattare di meno e avere un minor rischio e un minor profitto. Ma se mi entrano i soldi dei clienti, eventualmente posso anche
usarli per integrare la redditività pur mantenendo più basso il mio rischio personale. Giusto perché ti offre delle condizioni migliori.
In una intervista successiva, Dennis cambiò idea su questo argomento, forse anche sotto l’influenza della esasperazione legata alle grosse perdite nei suoi fondi comuni.
Dennis decise di districarsi un po’ alla volta dal settore della gestione dei capitali, dicendo: “Trovavo che fosse un problema più grosso di quanto valesse la pena. I costi non erano di
ordine finanziario, ma psicologico.” Da questo punto in poi il materiale proviene dalla seconda intervista.
Mi rendo conto che questo non sarà il tuo argomento preferito, ma sono costretto a farti delle domande anche su questo. Alcuni dei fondi che gestivi cessarono le attività nell’aprile del
1988. E‘ perché raggiunsero il punto di sospensione automatica al raggiungimento del 50 per cento di perdita?
A dire il vero, erano solo in ribasso del 49 per cento quando ci siamo fermati. Piuttosto che far scattare la quota di interruzione automatica, abbiamo liquidato tutte le posizioni e sollecitato
gli investitori a consentirci un punto di sospensione più basso.
C’è qualcosa che faresti in modo diverso in futuro, in base a questa esperienza particolare?
Ridurrei un po’ più in fretta di quello che ho fatto, ma le operazioni sarebbero le stesse. Qualcuno mi ha detto: “Ti lamenti che i mercati erano sfavorevoli. Bene, visto che potevi fare l’esatto
opposto e fare un sacco di soldi, non è che in realtà erano favorevoli?”. Gli ho detto che l’ultima cosa che avrei voluto fare era trovarmi dall’altro lato di quelle contrattazioni. Nel lungo
termine, quello è un modo per perdere una somma infinita di soldi.
Rimanendo al ribasso sul mercato dei tassi di interessi nell’1987 avete conosciuto una delle vostre perdite peggiori. Che cosa ci fu che non andò per il verso giusto?
Una grossa porzione di quella perdita fu dovuta al fatto che il mercato aprì in gap up ben al di là del nostro punto di copertura delle posizioni corte. Ad esempio, il 20 ottobre, circa 40 o 50
punti più in alto saremmo stati normalmente al di fuori della nostra posizione corta sugli Eurodollari, ma quel giorno il mercato aprì 240 punti più in alto. Noi bruciammo 190 punti in una
sbandata che non si poteva evitare in alcun modo.
Se il mercato è così sbilanciato, uscite ancora immediatamente dalla vostra posizione?
Certo. Se si ha qualche dubbio ad uscire più in fretta possibile in una situazione del genere, allora si è davvero in grossi guai.
Pensi che le aspre perdite che avete sofferto fossero dovute ad un qualche cambiamento nei mercati?
Questo è difficile da dire. L’unico fattore che sono in grado di individuare oggettivamente è la maggior tendenza alle false partenze.
Pensi che la recente prevalenza di false impennate sia legata allo straordinario aumento nelle operazioni computerizzate di tipo trend-following durante gli ultimi cinque o dieci anni? Ci
sono semplicemente troppe persone che stanno facendo la stessa cosa, intralciandosi l’uno con l’altro?
Si, su questo non c’è alcun dubbio. In un modo perverso, ciò rappresenta il trionfo definitivo della contrattazione tecnica sulla contrattazione basata sui fondamentali. Dico perversa perché si
tratta di una vittoria che toglie valore alla contrattazione tecnica.
Pensi che verrà un giorno in cui i sistemi trend-follower non funzioneranno più?
Penso che verrà un giorno nel quale i sistemi scoperti facilmente e disegnati alla leggera non funzioneranno più. Sarà sempre più difficile sviluppare dei buoni sistemi.
Premesso ciò, i metodi che si usavano prima saranno ancora in grado di funzionare con la stessa efficacia?
In effetti, io credo che se si osserva il problema correttamente, si può verificare che ci sono molti altri indicatori di trend nel mercato che lavorano a nostro vantaggio. Non posso entrare
molto nello specifico in merito alle soluzioni perché, se abbiamo ragione, queste sono informazioni di grande valore. Per avere successo bisogna sempre essere un passo più avanti degli
altri.
Ho l’impressione che tu abbia cominciato a lavorare a questo problema molto prima che i tuoi problemi di rendimento cominciassero verso la fine del 1987.
Giusto. Durante gli scorsi dieci anni, c’è stato un virtuale effetto - salto sul carro del vincitore da parte di persone che usavano dei metodi trend-follower. Abbiamo riflettuto a lungo su
questo problema. La metà del lavoro di risoluzione di un problema consiste nel trovare il modo giusto di elaborarlo in un concetto. A noi ci vollero degli anni prima di trovare la domanda giusta
da porsi.
Quando siete infine arrivati a quello che tu consideri una soluzione soddisfacente?
Ironia della sorte, proprio vicino al periodo in cui chiudemmo i fondi comuni.
Lo so che non puoi scendere in dettagli, ma mi chiedo se la tua soluzione per le false partenze implica il fatto di essere molto più orientati sul breve termine, in modo da poter reagire
più velocemente a queste situazioni?
Il segreto è stare come si può o nel breve o nel lungo termine, a seconda del proprio stile operativo. E’ il livello intermedio che raccoglie la grande maggioranza di chi segue il trend. La
miglior strategia è evitare la mezza misura, come fosse la peste.
Quando parli dell’esperienza di aver gestito ben più di $100 milioni e di aver perso circa il 50 per cento, per non parlare delle tue grosse perdite personali, ne discuti con grande
distacco emotivo. La prendi davvero con calma? Non vi è anche un versante emotivo in ciò?
Anche se mi impegnassi, non verrebbe fuori. E’ totalmente controproducente farsi assorbire dai risultati. Le decisioni di mercato dovrebbero essere prese meno emotivamente possibile.
Si, ma come ci riesci?
Non devi perdere la tua prospettiva. Nella vita ci sono altre cose oltre al trading. Inoltre, per me, essere emotivamente scarico vorrebbe dire mancare della fiducia in quello che sto facendo. Lo
evito perché ho sempre avuto la sensazione che sia fuorviante concentrarsi sui risultati a breve termine.
Allora sei capace di evitare le trappole emotive?
Si, ma l’altra faccia della medaglia è che evito anche l’euforia quando le cose stanno andando bene. E’ impossibile fare il gioco a metà. Se ti senti troppo bene quando le cose stanno andando
bene, allora inevitabilmente ti sentirai male quando le cose vanno miseramente. Non pretendo di averlo capito dopo tre anni di attività in borsa, ma dopo che lo fai da vent’anni, o ti fa
diventare pazzo o impari a metterlo in prospettiva.
Diventa più facile dopo vent’anni?
Non necessariamente [ride]. Diventa più facile vedere le cose in prospettiva, ma tutti abbiamo degli ammortizzatori di traumi che si logorano col tempo. Essere un operatore è come essere un
pugile: ogni tanto il mercato ti da un bella legnata. Dopo vent’anni si diventa un po’ storditi.
C’è qualche avviso che puoi dare ad altri operatori su come mantenere la calma durante i periodi di perdite?
E’ un po’ come giocare a golf: si può anche buttare per aria le mazze dopo un brutto colpo, ma mentre tiri quello dopo devi tenere la testa bassa e gli occhi sulla pallina.
Nel pendere le tue decisioni di mercato, fai ricorso a scenari di lungo termine sulla inflazione, la crescita economica e il valore del dollaro?
Me li raffiguro mentalmente, ma non cerco di utilizzarli quando opero. Operare sul mercato per me è come scommettere su alcune facce separate di un dado che si pensa che siano leggermente
appesantite in tuo favore, perché si è a conoscenza di alcuni dati statistici sul mercato. Gli scenari a lungo termine possono dimostrarsi giusti o sbagliati, ma anche se sono giusti, tutto
sommato, non credo che facciano una grossa differenza in rapporto alla durata di una singola operazione.
Anche se pensi che stia per esserci un collasso del dollaro, questo non influenza il tuo schema operativo di base?
Vorrei dire che non lo fa, che non credo che dovrebbe farlo, ma che probabilmente lo ha fatto in passato. La cosa peggiore che puoi fare è quella di perdere una possibilità di guadagno (dando per
presupposto che tu sia già abbastanza inquadrato da tener sotto controllo le tue perdite).
E se ci pensi, le rigide vedute di lungo termine sono il genere di cose che ti condurranno più facilmente verso questo errore. Ad esempio, se io ritengo che il dollaro stia per indebolirsi, e per
questo motivo ignoro un segnale di vendita nelle valute straniere, io forse sto rischiando di perdere un grosso profitto. Quali è la mia ricompensa se la mia visione era corretta? Aver evitato
una piccola perdita. Pertanto, il rapporto fra rischio e ricompensa non va affatto bene per il mio tipo di operazioni.
Pur con la dovuta prudenza, come osservatore di mercato di lungo termine, quali sono le tendenze più importanti che vedi formarsi nel corso dei prossimi anni?
Scommetto che ci sarà un livello record di inflazione per la fine del 1990. [la presente intervista fu condotta a metà 1988].
Quale sarà la molla di questa inflazione?
Sarà pilotata dal tentativo di evitare una profonda recessione. La recessione sarà provocata dal deficit pubblico Federale mano a mano che gli investitori richiederanno livelli di tassi di
interesse reale sempre più alti per pagare il debito. Il governo tenterà di evitare la recessione stimolando l’economia, una tattica che essenzialmente non funziona.
In altre parole, la paura di una recessione provocherà un notevole allentamento monetario, che a sua volta porterà all’inflazione?
Purtroppo è una idea marcatamente Repubblicana, ma penso che sia giusta. Che vi piaccia o meno, il mercato finanziario è in mano ai conservatori. La gente che presta soldi al governo e alle
imprese non si berrà che l'allentamento monetaria sia una soluzione alla recessione.
Stai insinuando che il problema del deficit sia giusto una bomba a orologeria, che alle fine manderà in frantumi l’economia?
Certo. Tendiamo a pensare che dato che per ora non rappresenta un problema, vuol dire che non lo sarà mai. Ci attendiamo continuità nella nostra esistenza, ma l’economia, e ancor più il mercato,
tendono più alla discontinuità che alla continuità.
Stai anche dicendo che la gente guarda al deficit anno per anno e pensa “d’accordo, non può andar poi così male, l’economia è forte”, e poi un giorno tutti si svegliano…
E’ un po’ come avere le termiti nelle fondamenta di casa tua. Puoi anche non farci caso fino a che non ne rosicchiano un bel pezzo e allora la casa crolla. Credo che nessuno dovrebbe consolarsi
troppo col fatto che le cose danno l’impressione di stare attaccate.
Ipoteticamente, se tu fossi il Presidente e potessi cambiare qualcosa, la prima cosa che cambieresti sarebbe proprio il deficit?
Certamente. Credo che sia importante, soprattutto per i Democratici, dato che furono loro i primi ad esporre lo striscione con la dottrina di Keynes, ammettere che anche se può essere una grande
teoria, nel mondo reale non funziona.
Non credo che Keynes proponesse di far ricorso alla spesa pubblica nei periodi di forte crescita.
No, è vero. Lui teorizzava delle eccedenze che avrebbero dovuto fare da contrappeso ai disavanzi. Eccedenze nei momenti buoni; disavanzi nei momenti cattivi. Il problema è che abbiamo solo un
lato della equazione a causa della mancanza di volontà politica di creare dei surplus quando i tempi sono buoni. Perciò, quello che dovremmo davvero ammettere è che le politiche economiche
Keynesiane sono solo una scusa per la spesa facile, la spesa in eccesso, i consumi in eccesso. Dovremmo semplicemente ammettere che il Governo è un patito del debito e che l’intero concetto della
spesa pubblica difetta nella pratica.
Ti riferisci al Keynesianesimo per come viene applicato, non le teorie economiche Keineisane come le ha formulate lo stesso Keynes?
La teoria va anche bene, ma non funziona nel mondo reale. Pertanto, non le dovremmo utilizzare. Per di più, la dottrina Keynesiana rappresentò una soluzione ai problemi di eccesso di risparmio
privato e sotto – consumo; il che fu un tentativo ragionevole per tirarci fuori dalla Grande Depressione. Il problema ora è l’esatto opposto: carenza di risparmio e eccesso di consumo. Anche se
il Keynesianesimo fosse una teoria politicamente sostenibile, ci sarebbe lo stesso bisogno di una soluzione diversa perché ci troviamo con il problema esattamente opposto.
C’è secondo te una teoria economica che va bene per questo periodo e ha una sua logica?
Dobbiamo liberarci dal deficit pubblico. Dobbiamo far arretrare il deficit in modo metodico, e il Governo Federale dovrebbe pareggiare il proprio bilancio proprio come fanno gli Stati. A quel
punto, la proposta di Milton Friedman per un flusso di denaro costante agganciato ad un fattore di crescita sarebbe probabilmente una buona idea.
Quale è il consiglio più importante che daresti ad un novello operatore?
Opera con poco perché è il momento in cui andrai peggio nella tua vita. Impara dai tuoi errori. Non lasciarti ingannare dalle fluttuazioni giornaliere del tuo capitale di rischio. Pensa
attentamente se quello che stai facendo è giusto e non al carattere casuale del risultato di una singola operazione.
Dopo che Dennis annunciò il suo ritiro dal mercato per seguire i suoi interessi politici a tempo pieno, lo chiamai con alcune domande supplementari. Parlai con un assistente che prese
nota delle domande. Molti giorni dopo, mi richiamò con le risposte di Dennis. In seguito abbiamo queste domande e risposte.
I privati che hanno investito nei tuoi fondi durante il tuo ultimo anno di attività come amministratore di capitali hanno avuto un risultato misero. Come sarebbe andato un investitore se
avesse cominciato con il tuo primo giorno da amministratore di capitali e avesse mantenuto l’intero investimento fino al tuo ultimo giorno in quel ruolo?
Ogni $1.000 dollari di investimento sarebbero valsi $3,833 alla chiusura dei libri. [Ciò ammonta a circa un 25 per cento annuo di rendimento composto. La stima sarebbe stata più del doppio quando
il capitale di rischio era al massimo, circa un anno prima].
Circolano voci che tu abbia perso una porzione sostanziale del tuo patrimonio netto durante l’ultimo anno di attività. Queste storie sono vere o esagerate?
Ho perso circa il dieci per cento dei soldi che avevo fatto sui mercati. Naturalmente, visto come percentuale del mio patrimonio netto, la stima è molto più alta per via delle mie donazioni a
scopo benefico e politico.
La scarsità dei tuoi risultati in affari dell’ultimo anno ha affrettato i tuoi cambiamenti di carriera?
Non ha cambiato niente.
Hai davvero smesso di botto, o fai ancora qualche piccola operazione?
Non sto più facendo nessuna operazione.
Richard Dennis è uno dei leggendari operatori di borsa merci del nostro tempo. E’ quel tipo di operatore che ci si può immaginare mentre implementa delle grosse posizioni lunghe vicino alle punte
basse dei mercati e grosse posizioni corte vicino alle punte alte. Perciò è sorprendente vedere che Dennis sminuisce l’importanza di provare a cogliere i grossi punti in controtendenza. In
realtà, lui afferma che queste operazioni hanno fatto poco o niente per contribuire al suo successo commerciale. Dennis è convinto che uno degli errori peggiori che può fare un operatore è quello
di farsi sfuggire l’ opportunità di un grosso guadagno. Secondo il suo calcolo, il 95 per cento dei suoi profitti gli sono arrivati da appena il 5 per cento delle sue operazioni. Perdere anche
solo alcune di queste opportunità avrebbe potuto avere un effetto tremendamente negativo sul rendimento.
In conclusione, diciamo che bisogna evitare di avere una visione troppo rigida nei confronti di un mercato, dato che questa visione può facilmente causare la perdita di un trend importante.
Un consiglio particolarmente utile che ci viene offerto da Dennis è che i momenti in cui ti verrebbe meno voglia di pensare al mercato – i periodi di perdite – sono proprio i momenti in cui c’è
bisogno di concentrarsi di più sul mercato.
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