“Non pensare a quello che farà il mercato; ciò sfugge completamente al tuo controllo. Pensa a quello che farai tu se lui arriverà a quel dato punto”.
"Giova non continuare a pensare alle proprie perdite. Se si è preoccupati, meglio incanalare quell’ energia nello studio. Durante gli anni alla C&D abbiamo fatto le nostre migliori indagini di ricerca quando stavamo perdendo."
Una buona parte del mondo accademico insiste che la natura casuale del comportamento dei prezzi significa che è impossibile sviluppare dei sistemi operativi capaci di seguire il mercato
nel lungo termine. Qual è il tuo responso?
Esistono delle prove schiaccianti contro la teoria dell’andamento casuale del mercato. Centinaia di operatori e di uomini d’affari hanno guadagnato con i sistemi meccanici basati sul
prezzo.
E cosa dire del ragionamento che se si ha un numero sufficiente di operatori, alcuni di loro andranno per forza bene, se non altro per una questione di probabilità?
Potrà anche essere vero, ma la probabilità di avere il grado di successo che noi abbiamo avuto e che continuiamo ad avere solo per una questione di fortuna sarà vicino allo zero. Il sistema ha
lavorato per noi anno dopo anno. Noi abbiamo insegnato alcuni di questi sistemi ad altri, e anche a loro è andata bene. Poi loro hanno gestito i soldi di altra gente, ed è andata ancora bene.
Rimane sempre la possibilità che sia tutta stata una questione di fortuna, ma sarebbe una probabilità infinitamente piccola.
C’è stato un cambiamento davvero radicale nella visione accademica di questo problema. Quando cominciai ad occuparmi di questo settore, operare con un sistema veniva considerata una stranezza. Da
allora, un numero in crescita costante di prove scritte ha dimostrato che la teoria dell’andamento casuale del mercato è falsa. Il trading a sistema, dall’essere un’ idea d’avanguardia è
diventato una sorta di un nuovo tipo di ortodossia. Non credo che ciò sarebbe potuto succedere se non ci fosse qualcosa di vero. D’altra parte, confesso di trovare disarmante che ciò che
all’inizio era una idea improponibile sia entrato a far parte del buon senso comune.
Naturalmente, non è possibile dimostrare che il comportamento del prezzo sia casuale.
Esatto. Ci si scontra con il problema di riuscire a dimostrare una proposizione negativa. Anche se la affermazione che i mercati siano casuali è una preposizione positiva, in effetti si sta
cercando di dare una prova in negativo. Si sta cercando di dimostrare che non vi sarebbe una componente sistematica nel prezzo. Qualunque proposizione negativa è molto difficile da confermare
perché bisogna cercare di dimostrare che qualcosa non esiste. Ad esempio, consideriamo la proposizione negativa che non ci sono delle torte al cioccolato che ruotano attorno al pianeta Giove. Può
ben essere vero, ma è molto difficile da dimostrare.
La teoria dell’andamento negativo del mercato ha lo svantaggio di consistere in una proposizione negativa. Tuttavia, in assenza di qualunque prova contraria poteva anche essere una teoria
plausibile da sostenere. Ma arrivati a questo punto, chiunque sposi l’idea che i mercati sono casuali, non sta guardando la realtà.
Negli ultimi anni, c’è stato un aumento impressionante di capitali che vengono investiti da operatori professionisti avvalendosi di strategie computerizzate di adeguamento alla tendenza.
Questa proliferazione, finirà con l’uccidere la proverbiale gallina dalla uova d’oro?
Che la preponderanza di operatori a sistema, specialmente il gruppo dei manager di grosso calibro, stia rovinando l’operazione a sistema, è una domanda difficile da rispondere perché vi sono due
tipi molto diversi di prove che portano a conclusioni opposte. Per prima cosa, sul piano quantitativo vi sono delle prove statistiche che il sistema continua a funzionare.
Poi però vi è l’argomentazione qualitativa secondo la quale una preponderanza di operatori a sistema finirà col modificare il mercato nel senso che non si potrà più ricavare il profitto in questa
maniera. In altre parole, è ancora possibile che i teorici dell’andamento casuale ridano per ultimi. E’ difficile ricondurre questa eterogeneità di prove ad una cornice definitiva in modo che un
gruppo di prove possa essere ponderato con quell’altro.
Insomma, entrambe le affermazioni potrebbero essere vere. Tu a quale delle due credi?
Gli operatori a sistema possono ancora contare su di un tradizionale alleato: la natura umana. La natura umana non è cambiata. Fortunatamente, c’è ancora un sacco di gente che opera ad istinto.
Ma non vi è dubbio che il gioco sia diventato molto più difficile.
Nella biologia dell’evoluzione, una delle risposte che vengono date alla domanda se la riproduzione sessuata (invece di quella asessuata) sia tanto diffusa in natura, è l’Ipotesi della Regina
Rossa, che si ispira al personaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie, dove, solo per rimanere fermi, bisognava correre più veloce che si può. L’idea è che la selezione è così dura che una
specie deve evolversi più veloce che può solo per rimanere al suo livello; la riproduzione sessuata dà un marcia in più nell’evoluzione. Allo stesso modo, nella nicchia della operazione a sistema
vi è una competizione così forte che l’operatore deve elaborare un sistema più in fretta che può solo per poter rimanere in gioco.
Ti stai forse riferendo all’idea secondo la quale l’aumento del numero di professionisti nell’universo globale della borsa cambierà la natura del mercato in modo tale che sistemi
precedentemente validi potrebbero non funzionare più?
Sono d’accordo. Ecco perché sono ben disposto ad accettare i sistemi che in teoria rendono in qualche modo meno, se penso che abbiano la caratteristica di essere diversi da quello che secondo me
stanno utilizzando gli altri operatori. Quando pongo dei presunti progettisti di sistemi di fronte alla questione che molta ricerca storica può essere invalidata dalla natura mutevole dei mercati
dei future, loro replicano invariabilmente che la soluzione sta nell’elaborare dei sistemi basati su dati recenti – come se fosse così facile.
Questo metodo comporta un serio problema. I dati recenti devono per forza essere statisticamente meno significativi dei dati storici a lungo termine per il semplice fatto che ce ne sono molti di
meno. I sistemi elaborati solo con dati recenti hanno delle fondamenta fragili. Non si può prescindere da questo dato elementare.
Se tu dovessi ricominciare da capo, faresti qualcosa di diverso?
Mi concentrerei di più sulla gestione del denaro. Con mio rimpianto, si tratta di una cosa che ho ignorato nei miei primi anni. Ironicamente, anche se la gestione di capitali è più importante del
modello dei prezzi, è un problema più trattabile matematicamente.
Il tuo metodo di gestione del capitale ha un qualcosa di particolare?
Un inconveniente di molti schemi di gestione del denaro è che sono ancorati all’ipotesi di una funzione logaritmica di utilità. Essenzialmente, secondo questo modello l’aumento dell’utilità
marginale per un aumento marginale della ricchezza della gente, ad aumenti di ricchezza costanti, si mantiene costante. Il problema di questo modello è che non ha limiti, un bel momento ti dirà
di scommettere anche i calzoni.
C’è una obiezione tecnica contro le funzioni illimitate di utilità, che è conosciuta come il Paradosso di San Pietroburgo. Posso rendere l’idea con un esempio semplificato. Supponete di avere un
miliardo di dollari. Se la vostra funzione di utilità è senza limite, ci deve essere una somma di denaro che ha una utilità tanto grande per la quale voi sareste disposti a scommettere tutto il
valore netto del vostro miliardo di dollari. Non esiste nessuna somma di soldi – anche se potrebbero esserci delle considerazioni non economiche, tipo cento anni di vita in più – per la quale una
persona sana di mente scommetterebbe la cifra di un milione di dollari su di un testa e croce.
Perciò vi deve essere qualcosa di errato nelle funzioni di utilità non limitata.
Noi usiamo solo delle funzioni di utilità limitata nel nostro lavoro di gestione di capitale di rischio. Le particolari funzioni di utilità che usiamo, hanno anche l’ auspicabile caratteristica
che le frazioni di investimento ottimale che adottano sono indipendenti dal livello assoluto di ricchezza.
Fino a quanto rischiate in una singola operazione? Avete una formula alla quale attenervi?
Per un’ operazione, non si dovrebbe pianificare un rischio che va oltre al due percento. Anche se, naturalmente, si può perdere di più se il mercato si estende oltre al vostro punto di uscita
previsto. In materia di entità della puntata, se si pianifica un rendimento contro una posizione, si ottiene un grafico che assomiglia ad una di quelle balene dei cartoni animati viste di
profilo, con la fronte alta. La parte sinistra del grafico, che corrisponde ad una posizione relativamente piccola, è quasi lineare; in quest’area del grafico un aumento del volume d’affari
produce un aumento costante del rendimento. Ma mano a mano che si ingrandisce il rendimento oltre quest’area, la pendenza che sta sopra si appiattisce; ciò è dovuto al crescente prosciugamento
dei capitali, che costringono ad operare più in piccolo, e inibiscono la vostra capacità di ritorno dopo serie di perdite.
Si raggiunge l’ottimale teorico giusto nel punto dove ci sarebbe lo sfiatatoio della balena. A destra di questo punto ottimale, il grafico precipita; una posizione media di dimensioni appena un
po’ più grandi dell’ottimo teorico produce un rendimento negativo. Non è il caso di ottimizzare le grandezza della operazione. Il punto ottimo compare appena prima di un precipizio. Piuttosto,
sarebbe bene che la grandezza della vostra operazione giaccia sul margine alto dell’area entro la quale il grafico è ancora praticamente diritto.
Quanto conta l’intelligenza nel trading?
Non ho trovato una grande correlazione fra le operazioni di borsa e l’intelligenza. Alcuni operatori eccezionali sono davvero intelligenti, ma alcuni non lo sono. Molte persone incredibilmente
intelligenti sono dei pessimi operatori. E sufficiente un intelligenza media. Al di là di quello, l’aspetto emozionale è più importante.
Suppongo che anche tu fossi coinvolto nella elaborazione del sistema che fu insegnato alle Tartarughe.
Certo, lo ero!
Da quanto capisco, la molla per il programma di formazione delle Tartarughe è stato un disaccordo fra te e Richard Dennis, sul fatto che l’arte del trading si possa o meno
insegnare.
In effetti, sì. Io ero dell’opinione che non si potesse proprio insegnare. Sostenevo che non era detto che saremmo stati capaci di insegnarlo solo perché eravamo capaci di farlo. Io supponevo che
un operatore avesse un qualcosa in più che non si poteva incapsulare in un programma meccanico. Risultò che avevo torto. Il programma Tartarughe ebbe un successo straordinario.
Complessivamente, impararono il trading fin troppo bene. La risposta alla domanda se l’arte della borsa può essere insegnata deve essere un sì incondizionato.
Credi che i sistemi che Dennis e tu avete presentato alle Tartarughe abbiano perso un po’ del loro valore perché oggi ci sono venti nuovi discepoli che usano gli stessi
metodi?
Con centinaia di milioni in gestione, se stanno ancora operando allo stesso modo non vedo perché non dovrebbe essere vero. Tuttavia, è difficile dire fino a che punto le Tartarughe stiano ancora
operando nello stesso modo. Sarei dell’idea che molti di loro ora si stiano comportando diversamente.
Se il trading si può insegnare, lo si può insegnare a chiunque abbia una certa intelligenza?
Chiunque abbia una intelligenza media può imparare ad operare. Non è una scienza astronomica. Comunque, è molto più facile imparare quello che si dovrebbe fare per operare che metterlo in
pratica. I sistemi validi tendono a violare le normali tendenze umane. Fra tutti quelli che sono in grado di apprendere i fondamenti, solo una piccola percentuale saranno degli operatori di
successo.
Se un certo numero di persone partecipa per un tempo sufficiente ad un gioco di scommesse, alla fine il denaro andrà tutto da un giocatore. Se è anche una questione di abilità, il processo di
concentrazione di tutte le puntate in poche mani sarà ancor più breve. Nel mercato accade qualcosa di simile. Nel complesso il patrimonio tende a passare in continuazione da molti a pochi
possessori. Nel lungo termine, la maggioranza perde. Ne consegue che l’operatore per vincere deve comportarsi come la minoranza. Se si portano le normali tendenze umane nel trading si graviterà
inevitabilmente verso la maggioranza.
Puoi spiegarti meglio su quelle che tu consideri le normali abitudini umane che portano a perdere?
Gli studiosi di capacità decisionali hanno compiuto degli esperimenti nei quali a delle persone venivano offerte diverse scelte fra cose sicure (somme di denaro) e pure e semplici lotterie per
vedere se le preferenze dei soggetti seguivano un ordine logico. Hanno riscontrato che la gente generalmente sceglieva un guadagno sicuro rispetto ad una lotteria con delle aspettative di
guadagno maggiori ma che si sottraevano ad una perdita sicura in favore di una lotteria ancora peggiore (fin tanto che la lotteria gli offriva una possibilità di ritornare ancora in attivo).
Queste tendenze umane, dettata chiaramente dall’istinto, segnano il destino dell’operatore – intascare i profitti, ma giocare con le perdite.
Questo atteggiamento è anche incoraggiato dalla cultura, come riassume il detto: cogli le opportunità, ma non cedere di fronte alle avversità. Per l’operatore, sarebbe meglio il consiglio:
stattene tranquillamente a guardare quando emergono delle opportunità di guadagno, ma nei momenti avversi corri come un coniglio.
Su questo argomento esiste un modo di dire che è completamente fuorviante: “intascare profitti non ti può far saltare”. E’ proprio così che molti operatori saltano davvero. Mentre i dilettanti
saltano incassando grosse perdite, i professionisti saltano incassando profitti piccoli. In sostanza, il problema è che la natura umana non si muove per massimizzare il profitto quanto piuttosto
per massimizzare la possibilità di profitto. Il desiderio di massimizzare il numero di operazioni vincenti (ovvero di minimizzare il numero di operazioni perdenti) rema contro l’operatore. Il
tasso di operazioni di successo è il risultato statistico meno importante e può anche essere inversamente proporzionale al rendimento.
Secondo te, ci sono delle altre tendenze naturali dell’uomo che minano il successo nel trading?
C’è quella che io chiamo “il richiamo del trade contro trend”. Esiste una costellazione di fattori cognitivi ed emozionali fanno sì che le persone usino il loro metodo in contro tendenza. La
gente vuole comprare a poco e vendere caro; ciò di per sé genera tendenza contraria. Ma la nozione di basso prezzo o caro prezzo deve ancorarsi a qualcosa. Gli individui tendono a vedere i prezzi
a cui sono abituati come dei prezzi normali e i prezzi che si discostano da questi livelli come una cosa aberrante. Questa prospettiva li spinge ad operare in controtendenza all’inizio di un
trend, supponendo che i prezzi torneranno prima o poi ad un valore normale. Ed ecco tracciata la perfetta strada per il disastro!
Quali altri lati della natura dell’uomo si frappongono al successo nel trading?
Ciò che conta davvero è la distribuzione sul lungo termine dei risultati delle vostre tecniche operative, dai vostri sistemi e dalla vostre procedure. Ma, psicologicamente, ciò che all’apparenza
ha il massimo dell’importanza, è se stanno funzionando le posizioni che si hanno in quel preciso momento. Le posizioni correnti ci appaiono cruciali, al di là di ogni giustificazione
statistica.
Vi è la forte tentazione di piegare le proprie regole alle necessità delle operazioni in corso, supponendo che ai i guadagni futuri ci penseranno le previsioni ottimistiche delle statistiche di
lungo termine. Due dei peccati cardinali della borsa – dare troppa corda alle perdite e incassare prematuramente i profitti – consistono entrambi in tentativi di garantire maggior successo alle
posizioni correnti, nettamente a scapito della rendita a lungo termine.
Dopo aver visto alcuni che come operatori sono sopravvissuti ed altri no, quali credi che siano le caratteristiche che distinguono queste due categorie?
Quelli che ce la fanno evitano le situazioni a valanga nelle quali delle cattive operazioni li destabilizzano emotivamente e li inducono a fare operazioni sempre peggiori. Riescono anche a
sentire il dolore per le perdite. Se non si sente il dolore di una perdita, si è nelle stesse condizioni di quegli infelici che non hanno i recettori del dolore. Se lasciano la mano su un
fornello caldo, si brucerà completamente.
Senza il dolore, non c’è modo di sopravvivere in questo mondo. Anche nei mercati, se le perdite non fanno male, la sopravvivenza finanziaria è fragilissima. Conosco dei multi-miliardari che hanno
cominciato ad operare con delle ricchezze ereditate. In tutti i casi, le hanno perse perché non sentivano il dolore quando stavano perdendo. In quei primi pochi anni formativi di attività
borsista, credevano di poter permettersi di perdere. E’ molto meglio entrare nel mercato molto tirati, con la sensazione che non ci può permettere di perdere. Io punterei su uno che comincia con
poche migliaia di dollari piuttosto che su chi ci arriva con milioni.
Che cosa può fare per migliorare un operatore che perde?
Posso fare riferimento a due tipi di situazioni. Se un operatore non sa perché perde, allora è senza speranze fino a che non scopre che cosa sta sbagliando. Nel caso dell’operatore che sa dove
sbaglia, il mio consiglio è che, visto che non riesce a modificare il suo comportamento, questo tipo di persona dovrebbe cominciare a pensare di attenersi dogmaticamente ai sistemi.
Nella tua esperienza, ti sono mai capitate delle operazioni che sono risultate particolarmente difficili sul piano emozionale?
Un giorno, nel mio primo anno di trading, mi misi lungo sulla soia ad appena pochi centesimi dal massimo. Il mercato continuò ad andare dal massimo verso il minimo senza toccare un’ oscillazione
massima. Durò circa tre minuti. Nel vederlo mi convinsi a mettermi corto verso il minimo. Due minuti dopo, il mercato era di nuovo al massimo.
Questa esperienza che cosa ti ha insegnato?
E’ stata la mia prima esperienza di gestione del rischio. Persi più di metà del mio capitale di borsa in quelle due operazioni nel giro di cinque minuti.
Come ti sei ripreso da quella perdita?
Giocando poco, prendendo molte piccole decisioni invece che tentare di fare qualche affare clamoroso.
Trovi che sia difficile affrontare l’impatto emotivo di grosse perdite?
Sotto molti aspetti, i grossi profitti sono anche più insidiosi delle grosse perdite, in termini di destabilizzazione emotiva. Penso che sia importante non rimanere emotivamente legati a grossi
profitti. Senza dubbio ho fatto alcune delle mie peggiori operazioni in seguito a lunghi periodi di vincite. Sulla scia di una grossa vincita, sei tentato di credere di fare delle cose
eccezionali, che ti permettono di darti sempre la spinta. Si comincia a pensare che ci si può permettere di prendere delle decisioni affrettate. Che si riesce ad immaginarsi quello che accadrà.
Come regola generale, le perdite ti rafforzano e i profitti ti indeboliscono.
Permettimi allora di ampliare la mia domanda. Trovi che sia difficile affrontare l’emotività dell’attività borsista – sia che essa sia dovuta a grosse perdite sia che sia dovuta a ingenti
profitti?
La borsa può anche essere un buon gioco monetario, ma è un cattivo gioco emotivo. A volte, ho avuto quest’ esperienza: un gruppo di mercati sui quali mi sono pesantemente esposto aprono
nettamente contro di me, quasi al mio punto di uscita prefissato. Le perdite sembrano schiaccianti; comincio anche a pensare se magari non ho fissato il limite di rischio troppo in là. Poi,
miracolosamente, evito di venire espulso ed entro mezzogiorno questi mercati sono venuti dalla mia parte più o meno quanto prima mi erano contro.
Come ci si sente?
Nessuna euforia potrà mai compensare la angoscia della mattina. Il profitto mi sembra grosso, naturalmente, ma non mi sembra che possa neanche lontanamente far bene quanto le perdite di prima
fanno male. Fino a un certo punto, l’esempio precedente può anche essere una pura e semplice esagerazione delle emozioni, ma il discorso sulle reazioni asimmetriche rimane perfettamente
valido.
Per esempio, se un movimento di prezzo porta il mercato al tuo punto di uscita, non è il caso di pensare in termini di ritracciamenti. E’ proprio il genere di speranze vane che fanno si che un
operatore continui a dare alla perdita un po’ di spazio. Naturalmente, il mercato può anche ritracciare (invece che invertire la tendenza), ma è meglio non pensarci quando viene il momento di
uscire. Ora consideriamo il caso in cui il mercato sia nettamente con noi, invece che contro di noi. Qua va bene pensare alle correzioni.
La forza del movimento indica che la volatilità è appena aumentata; da qui, anche un profitto fortuito può facilmente dissiparsi. La situazione è asimmetrica. Quando si sta perdendo, il pensiero
che il mercato sia sul punto di ritracciare è fuori discussione. D’altra parte, quando si ha un ingente profitto e l’idea del ritracciamento è un pensiero sconfortante, dovrebbe essere la prima
considerazione da fare. La borsa è così piena di asimmetrie del genere da far sì che una “somma di emozioni” sia di segno negativo.
Se il trading dà così poca soddisfazione sul piano emotivo, l’unica ragione per farlo è di tipo economico?
Non riesco a pensare perché uno dovrebbe farlo se non fosse economicamente conveniente. E’ una delle poche industrie dove si può ancora ambientare una storia di arricchimento dal nulla. Richard
Dennis cominciò con solo qualche centinaio di dollari e finì col farne centinaia di milioni – è un bello stimolo.
Se si gioca per la gratificazione emotiva, si finisce per forza col perdere perchè quello che sembra buono, è spesso la cosa sbagliata da fare. Richard Dennis diceva sempre, per una sorta di
scaramanzia: “se ti piace, non farlo”.
In effetti, una regola che abbiamo insegnato alle Tartarughe è stata: quando non prevale nessun criterio, fai la cosa che ti piace di meno. Si deve decidere fin dall’inizio se si gioca per il
divertimento o per il successo. Che lo si misuri in denaro o in qualche altro modo, per vincere in borsa bisogna giocare per il successo. La borsa dà anche una forte dipendenza. Quando gli
psicologi del comportamento hanno paragonato la relativa assuefazione di diversi programmi di rinforzo, hanno verificato che il rinforzo intermittente – positivo o negativo a secondo di come
capita casualmente (ad esempio, un topo non sa se quando colpisce la sbarra gli verrà somministrato del piacere o del dolore) – è la combinazione più assuefante di tutte, molto più del solo
rinforzo positivo.
Il rinforzo intermittente descrive cosa provano tanto il giocatore d’azzardo quanto l’operatore di contratti a termine. La differenza sta solo nel fatto che, forse, l’operatore può anche far
soldi. Comunque sia, come vale anche per la maggior parte degli altri “aspetti emotivi” del trading di merci, la sua forza di assuefazione minaccia sempre di distruggerti. La assuefazione è il
motivo per cui tanti giocatori che fanno una fortuna abbandonano la scena a pezzi.
Quale è il tuo consiglio per affrontare le trappole emotive presenti nel trading?
Alcune persone riescono bene a non investire energia emotiva in situazioni sulle quali non hanno controllo (io non sono fra quelle). Un veterano della borsa una volta mi disse: “Non pensare a
quello che farà il mercato; ciò sfugge completamente al tuo controllo. Pensa a quello che farai tu se lui arriverà a quel dato punto”.
In particolare, non si dovrebbe assolutamente sprecare del tempo a pensare a quegli scenari rosei in cui il mercato va nella direzione giusta, dal momento che in quelle situazioni non c’è bisogno
di fare più niente. Piuttosto, bisogna concentrarsi su una di quelle cose che si vorrebbero proprio evitare e su come si dovrebbe reagire.
Un consiglio per gestire i periodi di perdita?
Giova non continuare a pensare alle proprie perdite. Se si è preoccupati, meglio incanalare quell’ energia nello studio. Durante gli anni alla C&D [la società nella quale Dennis e Eckhardt
erano soci] abbiamo fatto le nostre migliori indagini di ricerca quando stavamo perdendo.
Questo perché sono proprio i momenti in cui si ha la motivazione più forte a migliorare il proprio metodo?
Mi pare proprio di sì.
Fra le osservazioni che avete fatto a proposito di mercati e di attività di borsa nel corso degli anni, ve ne è una che si distingue per essere particolarmente sorprendente o
inaspettata?
Alcuni anni addietro, una società organizzò un concorso di previsioni grafiche su base annuale. I concorrenti dovevano predire, entro una determinata scadenza, i prezzi di liquidazione di
numerosi contratti a termine per una certa data. Qualcuno nei nostri uffici [Dale Dell’Utri] decise, credo per scherzo, di usare il nostro modello di andamento casuale. In altre parole, la sua
previsione consisteva semplicemente nei prezzi di liquidazione raccolti entro la scadenza. Con questa procedura, ci mancò pochissimo che incassasse il premio. Il suo nome compariva fra i primi
cinque di una lista di più o meno cinquanta persone in cima alla classifica.
Questo concorso contava centinaia di iscritti. Pertanto, oltre il 95 percento, e forse anche più del 99 percento dei concorrenti aveva fatto meno punti della casualità pura. Non è un’ impresa da
poco. La drasticità dell’esito di questa vicenda sembra dimostrare un fenomeno evidente che io ho osservato per anni, ma per il quale non ho delle prove decisive: la maggior parte delle persone
operano peggio di un operatore che agisce puramente a caso.
La tua ipotesi implica che la maggioranza degli operatori farebbe meglio a tirare le freccette al posto di utilizzare i loro metodi attuali – una opinione provocatoria. Come ti spieghi
questo fenomeno?
Il mercato si comporta proprio come un antagonista che sta cercando di convincerti ad operare male. Non voglio far pensare che il mercato abbia davvero delle sue intenzioni, perché non ne ha. Una
analogia appropriata è la teoria evolutiva, della quale si parla come se l’evoluzione mirasse ad uno scopo. Per esempio, gli uccelli svilupparono le ali al fine di volare.
Tecnicamente è sbagliato. Gli uccelli non sono Darwinisti, e si può star certi che nessun uccello o proto – uccello ebbe mai l’intenzione di sviluppare un’ ala. Ciononostante, la selezione
naturale si comporta molto come se volesse che …evolvessero delle cose che sono vantaggiose. Con i mercati puoi avere un approccio simile. Chiunqueoperi da un po’ comincia ad avere l’impressione
che i mercati abbiano certe caratteristiche personali. Molto spesso l’impressione che si ha è che “ce l’ hanno proprio con te”; il che non è altro che una personalizzazione della situazione. E’
una illusione ben motivata. Il mercato si comporta proprio come un tutore che sta cercando di instillare delle tecniche di trading scarse. La maggioranza della gente impara anche troppo bene
questa lezione.
Ti dispiace sviluppare il concetto? Che cosa è che starebbe insegnando, il maestro?
Dato che i profitti che vanno dal piccolo al medio tendono a dileguarsi, il mercato ti insegna ad incassarli prima che se ne vadano Dato che il mercato passa più tempo in assestamenti piuttosto
che in tendenza, insegna a comprare in flessione e a vendere in recupero. E dato che il mercato attraversa in continuazione gli stessi prezzi e dà l’impressione che, con un po’ di pazienza,
ritornerà al prezzo che ha visitato prima, ti insegna ad insistere sulle cattive operazioni. Il mercato ama cullarti nella illusione rassicurante delle tecniche di breve corso di grande successo,
che invece spesso perdono disastrosamente nel lungo periodo. Il concetto generale è che tutto quello che si può applicare per la maggioranza dei casi è praticamente l’opposto di quello che va
bene nel lungo termine.
Una tema che ricorre nei commenti di Eckhardt è che ciò che piace di solito è la cosa sbagliata da fare. Per fare un esempio, gli studiosi dei processi decisionali hanno dimostrato che la gente
preferisce nettamente mettere al sicuro un guadagno certo piuttosto che giocare con delle aspettative di guadagno più elevate. Inoltre, preferisce giocare d’azzardo con una perdita, anche quando
la posta in gioco prevede delle perdite assai peggiori della perdita sicura data in alternativa. Queste preferenze istintive remano contro quello che è forse il principio basilare del trading di
successo: tagliar corto sulle perdite e lasciar correre i profitti. Il fatto che questo aforisma sia diventato un cliché, non lo rende meno valido.
Un altro esempio di istinti controproducenti è ciò che Eckhardt definisce “il richiamo della controtendenza”. Vendere sulla forza e comprare sulla debolezza fa leva sul desiderio della gente di
comprare per poco e vendere caro. Anche se questi operatori probabilmente si sentiranno momentaneamente soddisfatti in fase di esecuzione, seguire una strategia di controtendenza porta quasi
inevitabilmente al fallimento. (Questa opinione, tuttavia, non implica che la strategia opposta – l’adeguamento alla tendenza – garantisca il successo, dal momento che entrambi i metodi incorrono
in costi di transazione.
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