SCREENER FONDAMENTALE

 

P/E – PRICE TO EARNINGS RATIO (TTM)

RAPPORTO PREZZO PER AZIONE/UTILE (EPS) (12 MESI PASSATI)

 

E’ una valutazione del prezzo corrente per azione comparato al proprio EPS, earnings per share (utile per azione).

Calcolato come: PREZZO PER AZIONE/EPS

 

Per esempio, se una compagnia è quotata a 43$ e gli utili degli ultimi 12 mesi erano di 1.95$ per azione, il rapporto P/E per il titolo è 22.05 (43/1.95).

L’EPS è solitamente preso dagli ultimi 4 trimestri.

In genere, un alto P/E suggerisce che gli investitori si aspettano più alta crescita degli utili in futuro comparato a compagnie con un P/E più basso.

Il P/E è considerato un multiplo, perché mostra quanto gli investitori sono disposti a pagare per ogni dollaro di utile. Se la compagnia stesse oggi quotando ad un multiplo di 20, l’interpretazione è che l’investitore è disposto a pagare 20$ per ogni dollaro di utile. (sovrastimata).

Generalmente un alto P/E significa che gli investitori stanno prevedendo un' alta crescita nel futuro.

Una media del P/E di mercato è di 20/25 volte gli utili.

Il P/E ratio può utilizzare gli utili già stimati per ottenere una previsione del P/E.

Le compagnie che perdono denaro non hanno un P/E ratio.

 

Tale rapporto serve a valutare le quotazioni di un'azione, anche se un giudizio sul corretto valore di un titolo deve tener conto di diversi fattori, come il settore di appartenenza o l'andamento futuro dell'impresa.

Un valore pari a 13-15 è ritenuto normale (il prezzo pari a 15 volte l'utile atteso); se è superiore indica di norma un titolo sopravvalutato (lo è certamente intorno a 27-30).

Valori intorno a 8-9 sono ricercati dagli analisti, perché indicano titoli sottovalutati dal mercato, che potrebbero avere una buona crescita della quotazione.

In settori economici più tradizionali, dove è maggiore la concorrenza e minore la possibilità di ottenere utili di dimensioni elevate, ci si attende che il rapporto prezzo-utili o P/E sia basso.

In settori innovativi o in settori appena usciti da una situazione di crisi, le attese di utili futuri elevati spinge invece più in alto il P/E considerato corretto.

Il P/E esprime anche il tempo necessario perché gli utili siano pari al prezzo dell'azione. È da considerare che gli utili prodotti non coincidono con i dividendi distribuiti che ne rappresentano soltanto una parte.

Importante sapere che il P/E è influenzato dall'inflazione e, quindi dai tassi di interesse. Possiamo notare come ad un'inflazione elevata, corrisponde un PE più basso, in modo tale che gli investitori del mercato azionario possano avere dei rendimenti più elevati, dati da prezzi più bassi ma da più alti dividendi.

 

In sostanza indica quanti anni occorrono per il recupero monetario del prezzo nell'ipotesi che quel titolo sia in grado di garantire un flusso teoricamente perpetuo di utili netti annuali, pari a quelli presi in considerazione nel momento del calcolo. In realtà normalmente dovrebbe trattarsi di un'ipotesi molto prudenziale in quanto, per la maggioranza delle imprese sane, gli utili tendono a crescere. Una debolezza del P/E è che dividendo il prezzo per un utile per azione negativo (quindi una perdita) si ottiene una cifra poco significativa. 

Questo multiplo è sicuramente il più utilizzato nelle valutazioni di una società: in teoria la società con il P/E più basso è la meno “cara” e quindi suscettibile di apprezzamento. È tuttavia un dato di fatto storicamente accertato che le aziende con maggiori tassi di crescita tendono spesso ad avere elevati rapporti. Per evitare tali problemi che riguardano soprattutto titoli di società in robusto sviluppo o di settori non ciclici (ad esempio utilities, e media) si utilizza il PEG, (price earning growth) il prezzo/utile normalizzato per il tasso atteso di crescita degli utili degli anni a venire. Dobbiamo tenere comunque presente che le stime di crescita sono fatte da un analista e che non rappresentano quindi un dato assolutamente oggettivo.

 

PROFITTEVOLE > 0

BASSO < 15

ALTO >50

 

FORWARD P/E RATIO (NEXT FISCAL YEAR)

P/E FUTURO STIMATO (PER IL PROSSIMO ANNO FISCALE)

Una misura del rapporto prezzo/utili utilizzando gli utili previsti per il calcolo del P/E. Mentre gli utili usati sono solo una stima e non sono affidabili come gli utili effettivi correnti, ci sono dei benefici nelle analisi del P/E previsto. Il P/E riguarda il prossimo periodo fiscale.

 

FORWARD P/E= PREZZO PER AZIONE/EPS STIMATO

 

La stima del P/E di una compagnia è spesso usata per comparare gli utili attuali agli futuri utili. Se ci si aspetta che gli utili crescano in futuro, il P/E stimato per il prossimo anno sarà inferiore al P/E corrente.

Questo indice è anche utilizzato per comparazioni con altre aziende.

 

Quindi se vogliamo un titolo con P/E normale utilizzeremo un parametro tra 15 e 25, e con l’aspettativa di utili in crescita sceglieremo titoli con un FORWARD P/E minore di 15-25.

Se vogliamo cercare titoli sottovalutati cercheremo un P/E inferiore a 15, mentre titoli con un P/E superiore a 25-30 possono essere ritenuti pericolosi, poiché sopravvalutati.

 

PROFITTEVOLE > 0

BASSO < 15

ALTO >50

 

PEG - PRICE TO EARNINGS TO GROWTH

RAPPORTO TRA P/E E TASSO DI CRESCITA ATTESO

 

Si chiama Peg il rapporto tra p/e ed il tasso di crescita previsto per l’esercizio in corso (espresso in termini percentuali), ed è un indicatore che consente di valutare il prezzo di un titolo, confrontando una grandezza statica (il p/e) e una dinamica (il tasso di crescita). Il Peg consente infatti di capire se a valori elevati di p/e corrispondono tassi di crescita dell’utile altrettanto elevati. Il Peg può anche assumere valori negativi (qualora la crescita è negativa), anche se di norma assume valori intorno a 1.

 

Il Peg (p/e to growth ratio) - Il Peg di una società quotata è un multiplo di mercato molto utilizzato nell'analisi finanziaria, e in particolare nell'analisi fondamentale per individuare situazioni di ipercomprato o ipervenduto.
Tale multiplo è costituito dal rapporto tra il P/E e il tasso di crescita atteso degli utili.

In formule, il Peg è dato da:

 PEG= P/E / TASSO DI CRESCITA

 Il rapporto Peg permette di capire se il mercato sta correttamente valutando la società.
Le possibili casistiche sono:

 

Peg = 1 = indica corretta valutazione della società

Peg > 1 = indica possibile sopravvalutazione della società

Peg < 1 = indica possibile sottovalutazione della società

Un PEG inferiore ad 1 è quindi ricercato in un titolo.

 

Chiaramente non è sufficiente il solo Peg a capire se la società in esame sia sopravvalutata o sottovalutata. E' necessario che l'analista finanziario sfrutti a pieno tutti gli strumenti dell'analisi fondamentale e conduca un'analisi più approfondita del bilancio.

Mentre un alto P/E potrebbe significare un buon acquisto, considerando il fattore crescita del titolo, il PEG ratio può dirci una storia diversa. Più basso è il rapporto PEG, più il titolo può essere sottovalutato in termini di utili di performance.

 

BASSO < 1

ALTO > 2

 

P/S – PRICE/SALES RATIO (TTM)

RAPPORTO PREZZO-FATTURATO (12 MESI PASSATI)

 

P/S, rapporto (Price to Sales ratio) Indicatore utilizzato per valutare il valore delle azioni, calcolato come rapporto tra il prezzo di mercato delle azioni e i ricavi di vendita, oppure come rapporto tra il prezzo di una singola azione e i ricavi per azione. Tale indicatore varia a seconda del settore e non tiene in considerazione né la struttura finanziaria né l’indebitamento di un’azienda. Di conseguenza, il suo utilizzo per comparare due imprese si fonda sull’assunto implicito che la loro struttura finanziaria sia sostanzialmente identica.

Solitamente è calcolato su tempo di riferimento di 12 mesi.”TTM” trailing twelve months. I dati di vendita riportati del 4° trimestre precedente.

Il P/S è un indicatore del valore posto su ogni dollaro venduto di ogni compagnia.

Più piccolo il rapporto (meno di 1), più è considerato un buon investimento poiché l’investitore sta pagando meno per ogni unità venduta ed è quindi un possibile titolo sottovalutato. Comunque, le vendite non rivelano l’intero quadro poiché la compagnia può essere non profittevole comunque anche con un basso P/S. A causa di questa limitazione, questo rapporto è solitamente usato solo per nuove compagnie ancora “improduttive”, dal momento che non hanno un rapporto P/E.

La metrica può essere utilizzata per determinare il valore di un titolo relativo alla sua performance passata. Può anche essere utilizzato per determinare la relativa valutazione di un intero settore o mercato.

Il P/S varia molto da settore a settore, quindi è molto utile nella comparazione di simili titoli in un dato settore o gruppo industriale.

L’investitore dovrebbe essere cauto nell’utilizzare il rapporto P/S dal momento che il numeratore, il prezzo del titolo, pone grande peso dell’azienda in conto, mentre il denominatore, le vendite, non lo fanno. Comparando rapporti P/S porta l’implicita supposizione che tutte le aziende comparate abbiano un identica struttura di capitale. Questa è sempre un’assunzione problematica, ma ancor di più quando il presupposto è fatto tra industrie, dal momento che le industrie spesso hanno differenti tipologie di strutture di capitalizzazione (per esempio utilities contro compagnie tecnologiche). Questo è il motivo per cui i rapporti P/S variano molto tra le differenti industrie.

 

BASSO < 1

ALTO > 10

 

P/B - PRICE TO BOOK VALUE RATIO (MRQ)

RAPPORTO PREZZO/PATRIMONIO NETTO (TRIMESTRE PIU’ RECENTE)

E’ un multiplo molto usato per valutare il prezzo di un’azione rispetto ai suoi dati di bilancio: il P/BV, che sta per Price To Book Value e quindi per calcolarlo sarà molto facile, si fa semplicemente il rapporto tra la capitalizzazione complessiva di una società (numero di azioni per prezzo di una singola azione) in un determinato istante e il patrimonio netto di quella società (prendete sempre l’ultimo disponibile dai bilanci, oppure una media di quello degli altri anni!).

 

In questo modo avrete, in maniera piuttosto immediata, un’idea di quanto il mercato valuta il patrimonio netto di un’azienda; ovvero se il multiplo vi venisse pari ad 1, significa che la capitalizzazione è esattamente pari al patrimonio netto, quindi evidentemente il mercato crede che la società non valga molto più del suo patrimonio netto. Se il multiplo è sotto 1 (quindi capitalizzazione minore del patrimonio netto) il mercato addirittura valuta la società meno del suo patrimonio netto, al contrario sopra 1 (quindi con capitalizzazione superiore al patrimonio netto), evidentemente il mercato valuta positivamente questa società, tanto che è disposta a pagare più del patrimonio netto.

Quando il P/BV o price to book value indica sopravvalutazione o sottovalutazione di un titolo?

Al contrario di come superficialmente si legge spesso in giro, non si può definire una società che ha P/BV inferiore a 1 necessariamente sottovalutata e una che ce l’ha superiore necessariamente sopravvalutata, perchè il rapporto P/BV è influenzato da due fattori: il Roe e la forza marchio (brand) della società.

 

Infatti dato che il Roe esprime il rendimento del patrimonio netto, più il Roe sarà alto, più ovviamente il mercato sarà disposto a pagare per avere quel patrimonio (mi sembra ovvio no? in maniera molto semplice: se il patrimonio netto di due società è 10, ma dalla prima società ottengo 5 ogni anno, dall’altra 1, sarò disposto a pagare 5 volte di più la prima società, perchè di anno in anno avrò il quintuplo di quanto mi possa offrire l’altra società).

infine come dicevo conta anche il marchio, infatti secondo voi se avete di fronte il patrimonio netto di due società, la Coca-Cola e la Tizio-Cola, che ipotizziamo essere identici (valgono tutti e due 10 per esempio), sarete disposti a pagare di più per il patrimonio netto della Coca-Cola, marchio affermato e conosciuto in tutto il mondo, con cui mi sembra ovvio che non andate a comprare solo i soldi in cassa, il capitale sociale e le riserve che compongono il patrimonio netto della Coca-Cola, ma nello stesso tempo acquistate una serie di valori non tangibili, ma innegabilmente utili come l’avviamento, un intero business già avviato e che vi garantisce di essere conosciuti a prescindere da qualità e nuove campagne pubblicitarie (senza contare i vantaggi di concorrenza) oppure volete pagare di più la Tizio-Cola che nessuno conosce, nessuno ha mai assaggiato e nessuno garantisce che avrà successo in futuro?La risposta mi sembra abbastanza ovvia.

Possiamo quindi giustificare un P/BV più alto, se la forza del brand è evidente.

 

Quindi, come sempre, vi ricordo non meccanicizzare l’analisi fondamentale, ogni multiplo di prezzo (che da solo può sembrare una cosa) è sempre spiegato da altri indicatori, ratios e anche ovviamente news e aspettative che gli conferiscono un significato completamente diverso

 

BASSO < 5

ALTO > 5

 

P/CF PRICE TO CASH FLOW (MRQ)

RAPPORTO PREZZO / FLUSSO DI CASSA. (TRIMESTRE PIU’ RECENTE)

 

Il flusso di cassa (o cash flow nella terminologia anglosassone) è la ricostruzione dei flussi monetari (differenza tra tutte le entrate e le uscite monetarie) di una azienda o di un progetto nell'arco del periodo di analisi.

È il rapporto tra il prezzo di mercato dell’azione e il cash flow (flusso di cassa) generato dalla società, rapportato al numero di azioni in circolazione.

Questo multiplo esprime il tempo necessario affinché la somma investita in azioni ritorni all’investitore sotto forma dai cash flow. Il cash flow rappresenta il flusso di liquidità generato dalla società nel corso di un determinato periodo, e si ottiene aggiungendo all’utile netto della società gli ammortamenti e accantonamenti.

Quindi serve a determinare il n° di anni che servono a ripagare il prezzo dell’azione. Il cash flow per azione dell'impresa quindi ripaga il prezzo dell'azione in N anni. E’ un indice di indebitamento-ammortizzazione.

 

Capitalizzazione / (Utile netto+Ammortamenti+Accantonamenti)

oppure

Prezzo Azione / ((Utile netto+Ammortamenti+Accantonamenti) / Numero azioni in circolazione)

 

Viene utilizzato soprattutto per la valutazione di società operanti in settori che richiedono forti spese d’investimento iniziali, e conseguenti ingenti carichi di ammortizzazione. Meno alto è questo rapporto e meno la società deve indebitarsi.

Nei paesi anglosassoni piu' che da noi il rapporto P/CF e' considerato uno degli indicatori fondamentali di una sana e sostenibile crescita societaria.

Il multiplo di mercato P/CFO è una variante del Price to earnings (P/E) che impiega i flussi di cassa (siano essi disponibili all'azionista oppure disponibili per l'impresa) in luogo dell'utile.

Alcuni analisti preferiscono usare il rapporto P/CFO (in entrambe le varianti) per valutare un'azienda, per evitare i noti problemi di misurazione contabile degli utili. Rispetto a P/E, P/CFO non è influenzato dalla politica di bilancio della società, considerando al denominatore il cash flow: ciò consente un confronto più corretto tra i corsi azionari di diverse società.

Il rapporto P/CFO si utilizza, in genere, per la valutazione di società operanti in settori caratterizzati da considerevoli investimenti iniziali e quindi valori rilevanti di ammortamento. Nell'ipotesi in cui il cash flow sia costante di anno in anno e che venga usato interamente per pagare i dividendi agli azionisti, P/CFO rappresenta il numero di anni necessari affinché l'azionista recuperi il capitale investito. Il valore medio di P/CFO con riferimento a tutte le azioni quotate sul mercato statenitense nel periodo 1981-1996 è stato pari a 10,8.

 

Il P/CF (che sta per Price to Cash Flow) è un altro multiplo fortemente legato al P/E. Infatti la differenza consiste semplicemente nel fatto che al denominatore invece dell’Utile Netto, usiamo il Cash Flow Operativo, inteso come Utile Netto + Ammortanti + Deprezzamento (io non ci includo le variazioni del capitale circolante netto nell’uso di questo multiplo). Il valore rispetto al P/E sarà ovviamente un po’ minore (infatti il denominatore cresce), ma può essere decisamente più consigliato rispetto al P/E il suo utilizzo, perchè di fatto ammortamenti e deprezzamento sono un flusso di cassa ”artificiale”, ovvero non rappresentano una vera e propria spesa di cassa. Quindi per definire una società sottovalutata rispetto a questo multiplo, consideramo un valore inferiore di 3 unità rispetto al P/E, quindi se il P/E accettabile dal mercato che ai livelli di oggi è intorno a 14, vogliamo un P/CF intorno a 11; questo però ovviamente in maniera un po’ superficiale.

 

Se due titoli simili quotano 25$ per azione, e una compagnia a flusso di cassa di $5 per azione (25/5=5), mentre l’altra di 10$ (25/10=2.5), se tutto il resto è uguale, la compagnia con il più alto cash flow (più basso rapporto) ha un miglior valore.

 

Un alto rapporto P/CF indica che il titolo sta scambiando ad un alto prezzo ma non sta generando abbastanza flusso di cassa per supportare il multiplo. A volte questo va bene, dipende dal titolo, l’industria e le sue specifiche operazioni. Bassi rapporti di prezzo sono comunque preferiti, in quanto possono rivelare che l’azienda sta generando flusso di cassa che non sono propriamente considerati nel prezzo corrente dell’azione. Tendendo costanti tutti i fattori, un più basso P/CF è preferito ad uno più alto, sotto il punto di vista dell’investimento.

 

BASSO < 3

ALTO > 50

 

P/FCF PRICE TO FREE CASH FLOW (TTM)

RAPPORTO PREZZO / FLUSSO LIBERO DI CASSA. (12 MESI PASSATI)

 

E’ una valutazione metrica che compara il prezzo di mercato di una compagnia con il suo livello di flusso libero di cassa annuale. Questa è simile alla valutazione del prezzo-flusso di cassa ma utilizza una più stretta misura del flusso libero di cassa, che riduce il flusso di cassa operante della “spesa capitale”. Ciò è fatto perché le compagnie hanno bisogno di mantenere o espandere le loro risorse base (spesa capitale) per continuare a crescere o mantenere i livelli correnti di flusso libero di cassa.

 

In generale, più è alta la misura, più è considerata costosa la compagnia. Ma è anche utile per compararlo con i passati livelli di P/FCF insieme alla media all’interno dell’industria. Per esempio, se una compagnia ha generato 200 milioni in flusso di cassa operante e speso 50 milioni in spese di capitale, ha generato 150 milioni di libero flusso di cassa. Se la compagnia ha una capitalizzazione di mercato pari a 5 miliardi, la compagnia scambia a 33 volte il suo flusso libero di cassa. 5 miliardi/150 milioni di $.

 

BASSO < 15

ALTO > 50

 

CASH/SHARES (MRQ) -  NON INCLUSO NELLO SCREENER

DENARO PER AZIONE (TRIMESTRE PIU’ RECENTE)

 

Il totale dei soldi a disposizione di una compagnia diviso il numero di azioni circolanti. Il cash per share è la % del prezzo ad azione di una compagnia che è immediatamente disponibile per essere spesa in attività quali la ricerca e lo sviluppo, fusioni e acquisizioni, acquisti di proprietà o beni, pagamenti dei debiti, riacquisto di azioni e pagamenti in dividendi agli azionisti. Consiste di liquidi e investimenti a breve termine. E’ la quantità di denaro che una compagnia ha in mano, e che non deriva da prestiti o attività finanziarie.

Quando una compagnia ha un’elevato livello di cash per shares,sta mantenedo una % significativa del suo patrimonio in forma di alta liquidità. Questa decisione può indicare incertezza economica ed un indisponibilità da parte della compagnia di investire in un dato periodo economico. Un alto livello di Cash/shares può indicare che una compagnia sta andando bene con positivi guadagni e flusso di cassa e l’abilità di investire in se stessa. Comunque, alti livelli non sempre coincidono con una complessiva forza finanziaria.

 

 

EPS - EARNINGS PER SHARE (GROWTH THIS FISCAL YEAR) (TTM)

UTILI PER AZIONE (CRESCITA ANNUALE)

TASSO DI PROFITTABILITA’ (12 MESI PASSATI)

 

Gli utili per azione (Earnings per share o EPS) sono gli utili che un'azienda ha generato parametrati al numero di azioni emesse dall'azienda stessa.

La formula di calcolo per gli EPS non include i dividendi privilegiati.

La formula elementare per il calcolo delle EPS è la seguente:

 

UTILI PER AZIONE=UTILE OPERATIVO/NUMERO MEDIO AZIONI EMESSE IN CIRCOLAZIONE.

 

Gli utili per azione di crescita sono definiti come cambio % negli utili normalizzati

per azione sul periodo dai precedenti 12 mesi fino alla fine dell’anno. Da un buon quadro del tasso a cui la compagnia ha incrementato la sua profittabilità.

I titoli con un più alto tasso di earnings per share growth sono generalmente più desiderabili di di quelli con un tasso inferiore.

Una delle importanti differenze con i tassi di crescita del guadagno netto è che l’EPS GROWTH riflette la diluizione che si verifica con le emissioni di nuove azioni, l’esercizio di opzioni, warrants, convertible securities e riacquisti di azioni da parte degli impiegati dell’azienda.

 

NEGATIVO < 0%

POSITIVO > 0%

POSITIVO BASSO DA 0 A 10%

POSITIVO MEDIO DA 10 A 25%

POSITIVO ALTO > DI 25%

 

EPS - EARNINGS PER SHARE (GROWTH PAST 5 YEARS)

Misura del tasso di crescita degli utili per azioni annuale degli ultimi 5 anni.

 

EPS - EARNINGS PER SHARE (GROWTH NEXT YEAR)

Stima del tasso di crescita degli utili per azioni per il prossimo anno.

 

EPS - EARNINGS PER SHARE (GROWTH NEXT 5 YEARS)

 

Stima del tasso di crescita degli utili per azioni annuale per i prossimi 5 anni.

Per esempio:

 

Se sto cercando per predire quanto le azioni della coca cola possono valere in 5 anni devo capire quante entrate in Coca cola possano esserci in 5 anni. Posso stimarlo da solo moltiplicando l’EPS growth di 5 anni per il corrente rapporto P/E (price to earnings ratio)

 

EPS - EARNINGS PER SHARE (GROWTH QUARTER OVER QUARTER)

Misura del tasso di crescita degli utili per azioni tra l’ultimo trimestre e lo stesso trimestre dell’anno precedente.

 

SALES GROWTH PAST FIVE YEARS

Misura del tasso di crescita delle vendite annuale dei 5 anni precedenti.

 

SALES GROWTH QUARTER OVER QUARTER

Misura del tasso di crescita delle vendite tra l’ultimo trimestre e lo stesso trimestre dell’anno precedente.

 

NEGATIVO < 0%

POSITIVO > 0%

POSITIVO BASSO DA 0 A 10%

POSITIVO MEDIO DA 10 A 25%

POSITIVO ALTO > DI 25%

 

ROA - RETURN ON ASSETS (TTM)

INDICI DI REDDITIVITA’ DELLE ATTIVITA’ DELL’AZIENDA (12 MESI PASSATI)

 

Il return on assets (ROA) è un indice di bilancio che misura la redditività relativa al capitale investito o all'attività svolta (analogo al ROI ma per gestione caratteristica e patrimoniale).

Si calcola come rapporto tra utile corrente ante oneri finanziari (conosciuto anche come EBIT) e totale dell'attivo.

 

ROA= UTILE CORRENTE ANTE ONERI FINANZIARI/TOTALE ATTIVO

 

Questo numero ci suggerisce come un'azienda può agire in base a ciò che possiede, prescindendo dalla forma di finanziamento messa in atto. È molto utile per paragonare aziende concorrenti che fanno parte di uno stesso settore.

Il valore che esprime quest'indice varia molto da tipi a tipi di aziende e catene di aziende.

 

L’acronimo sta per Return On Assests e il suo calcolo è piuttosto immediato: si prende l’utile netto di gruppo e lo si divide per il totale delle attività. Ovviamente l’utile netto lo troverete nel conto economico, mentre il totale dell’attivo nello stato patrimoniale. In questo modo, la cifra che verrà fuori (che conviene esprimerla in percentuale) vi darà l’idea di quanto hanno reso tutte le attività dell’azienda in questione.

 

Il valore minimo del Roa dev’essere superiore o uguale al costo del denaro (tassi d’interesse scelti dalle varie banche centrali), perchè ovviamente essendo il totale delle attività l’ammontare complessivo degli investimenti fatti dall’azienda ed essendo stati finanziati da indebitamento, cassa e/o denaro preso in prestito, il tasso minimo da ottenere è ovviamente quello dei tassi d’interesse. Se fosse inferiore significherebbe che il costo di questo denaro è stato per l’azienda maggiore a quanto quel denaro ha reso, quindi non sarebbe stato conveniente prenderlo.

 

E’ quindi, un’indicatore di quanto è profittevole una compagnia relativamente ai suoi capitali e da un’idea di quanto è efficiente il proprio management a generare profitti e guadagni.

Calcolato dividendo le entrate annuali e il totale attivo. Il ROA è espresso in %.

 

NEGATIVO < 0%

MOLTO POSITIVO > 15%

MOLTO NEGATIVO < -15%

 

ROE - RETURN ON EQUITY (TTM)

INDICE DI REDDITIVITA’ DEL CAPITALE PROPRIO O PATRIMONIO. (12 MESI PASSATI)

Il return on common equity (ROE) è un indice di redditività del capitale proprio. Esprime, in massima sintesi, i risultati economici dell'azienda.

Il R.O.E.  non è altro che il rapporto tra il reddito netto conseguito nel corso dell’esercizio e il valore del capitale proprio impiegato in media nel corso dello stesso esercizio.

 

L’indice in questione, detto anche saggio del reddito, può essere espresso nel modo seguente:

 

ROE = reddito netto dell’esercizio (utile o perdita)/ capitale proprio impiegato in media nell’esercizio

 

Esprime la redditività complessiva dei mezzi propri, vale a dire quanti euro di utile netto l’impresa ha saputo realizzare per 100 euro di capitale di rischio. Poiché il valore al numeratore comprende i risultati realizzati sulle diverse aree della gestione, l’indicatore può essere considerato riassuntivo della economicità complessiva, cioè dell’efficienza e dell’efficacia con cui l’alta direzione ha condotto l’intero processo gestionale. Il ROE è, infatti, influenzato dalle scelte compiute nell’ambito della gestione caratteristica, ma anche dalle decisioni relative alla gestione finanziaria, patrimoniale, accessoria e dalle disposizioni fiscali.

Rappresenta, in modo sintetico, l’ammontare delle risorse generate dall’attività dell’impresa e ne approssima il livello di autofinanziamento potenziale raggiungile attraverso la ritenzione degli utili netti; da questo punto di vista esprime il tasso di sviluppo degli investimenti sostenibile senza modificare il coefficiente di indebitamento, a meno di dividendi o di altre variazioni del capitale proprio.

Il valore soglia che può indicare un segnale di pericolo può essere individuato nel 2%. Valori di eccellenza possono ritenersi quelli superiori al 5 -6%.

Il valore del ROE, se elevato, influenza positivamente la capacità dell’impresa di reperire nuove risorse a titolo di capitale proprio, per cui non può che essere considerato positivamente ai fini della nostra analisi.

Il ROE quindi, evidenzia la redditività del capitale netto, ed è dato dal rapporto tra l’utile netto d’esercizio e il capitale netto che hai messo all’interno dell’iniziativa economica. Anche questo indice è una percentuale, e indica “quanto rende” il patrimonio netto che i soci hanno messo in azienda. L’utile netto lo trovi alla fine del conto economico riclassificato, e il patrimonio netto lo trovi tra le passività dello stato patrimoniale riclassificato.

 

Facciamo un esempio anche in questo caso:

Il tuo utile netto risultante dal bilancio è 9.000 euro, mentre l’ammontare del capitale netto (senza considerare l’utile in esso contenuto) è 60.000 euro. Il rapporto tra 9.000 e 60.000 fa 0,15, che moltiplicato per 100 fa 15%. Ciò significa che il ROE della tua attività è del 15%. Cioè, possiamo dire che i soldi che hai investito nel tuo business, ti “rendono” il 15%.

Anche in questo caso, il 15% è tanto o poco? Anche in questo caso, dipende. Per esempio, oltre che dai dati medi di settore, può dipendere anche dai rendimenti degli investimenti alternativi.

Se acquisti un titolo di Stato (BOT, CCT o altri)  e ti rende il 4%, allora vuol dire che hai fatto bene a investire nel tuo business. Se investi i tuoi soldi in azioni di qualche società quotata in borsa, e ti danno il 7% hai fatto bene a investire nel tuo business. Se hai acquistato qualche obbligazione che ti rende il 20%, allora forse hai fatto  meglio a comprare l’obbligazione piuttosto  che investire nel tuo business…

 

MOLTO NEGATIVO < -30%

NEGATIVO < 0%

POSITIVO > 0%

MOLTO POSITIVO > 30%

 

ROI - RETURN ON INVESTEMENT (TTM)

INDICE DI REDDITIVITÀ DEL CAPITALE INVESTITO O RITORNO SUGLI INVESTIMENTI (12 MESI  PASSATI)

 

indica la redditività e l'efficienza economica della gestione caratteristica a prescindere dalle fonti utilizzate: esprime, cioè, quanto rende il capitale investito in quell'azienda.

 

ROI= Risultato Operativo/Capitale Investito Netto Operativo

 

Supponiamo che tu abbia un prodotto con un costo di produzione di € 100 e un prezzo di vendita di € 200. Vendi 6 di questi prodotti in seguito alla pubblicità su AdWords. Il totale delle vendite è € 1200 e i costi per AdWords sono € 200. Il tuo ROI è (€ 1200 - (€ 600 + €200))/(€ 600 + € 200), ovvero 50%.

In questo esempio, il ritorno sull'investimento è del 50%.

Per ogni € 1 speso, ricevi € 1,50.

Supponiamo che il totale dei tuoi investimenti è 100.000 euro e che il reddito operativo è 16.700. Facendo 16.700/100.000, otteniamo 0.167. Moltiplichiamo 0.167 per 100 e otteniamo 16,7%. Quindi il ROI è 16,7%.

Ciò significa che i tuoi investimenti ti “rendono” il 16, 7%. Non male…

 

In base a cosa si giudica se il valore del ROI è buono o cattivo? Questo dipende da una serie di fattori. Ad esempio, se operi all’interno di un settore dove il ROI medio è del 10%, allora vuol dire che TU sei molto più efficiente della media di settore. Al contrario, se operi in un settore in cui il ROI medio è del 24%, allora significa che c’è qualcosa che devi valutare meglio nella tua organizzazione aziendale.

 

MOLTO NEGATIVO < -10%

NEGATIVO < 0%

POSITIVO > 0%

MOLTO POSITIVO > 25%

 

CURRENT RATIO (MRQ)

QUOZIENTE DI LIQUIDITÀ DELL’AZIENDA  (TRIMESTRE PIU’ RECENTE)

 

La current ratio è un indice del quoziente di liquidità di un’azienda. È il rapporto tra attività correnti (AC) e passività correnti (PC) di un’impresa.

 

Misura la capacità di un’azienda di far fronte a impegni a breve termine.

Più è alto l’indice, più è liquido il titolo.

 

Uno degli indici maggiormente utilizzati per l’esame delle condizioni di liquidità di un’impresa è il current ratio detto anche indice di liquidità generale o indice di disponibilità.

 

COSA ESPRIME:

Il current ratio esprime la capacità dell’impresa di far fronte alle uscite correnti (rappresentate dalle passività correnti) con entrate correnti (rappresentate dalle attività correnti).

 

MAGGIORE DI 1

Le attività correnti sono maggiori della passività correnti.

L’impresa è in grado di far fronte alle uscite future, derivati dall’estinzione delle passività a breve, con le entrate future provenienti dal realizzo delle attività correnti.

UGUALE A UNO.

Le attività correnti e le passività correnti sono uguali

La situazione di liquidità dell’impresa è critica poiché le entrate future  provenienti dal realizzo delle attività correnti sono appena sufficienti a coprire le uscite future, derivati dall’estinzione delle passività a breve.

MINORE DI 1

Le attività correnti sono inferiori delle passività correnti.

La situazione di liquidità dell’impresa è grave poiché le entrate future  provenienti dal realizzo delle attività correnti non sono sufficienti a coprire le uscite future, derivati dall’estinzione delle passività a breve.

 

QUALI SONO I VALORI OTTIMALI

Esistono delle indicazioni su quelli che sono i valori ottimali che il current ratio dovrebbe assumere: in pratica si tratta di valori standard che sono stati formati soprattutto sulla base delle esperienze americane.

Trattandosi di dati standard, ottenuti attraverso il calcolo di medie, occorre prendere questi valori con cautela tenendo conto che possono attenuare le diversità rilevabili nelle varie aziende, proprio perché sono medie di settore.

 

Ecco i valori standard proposti dalla dottrina:

CURRENT RATIO >2 Situazione di liquidità ottimale

CURRENT RATIO TRA 1,5 E 1,7 Situazione di liquidità soddisfacente

CURRENT RATIO < 1,25 Situazione di liquidità da tenere sotto controllo

CURRENT RATIO < 1 Situazione di crisi di liquidità

 Attenzione però, anche indici di liquidità eccessivamente superiori a 2 possono indicare la presenza di problemi. In particolare ci si trova di fronte ad un’impresa con un’eccessiva liquidità che potrebbe essere investita in modo economicamente più conveniente.

 

ALTO > 3

OTTIMALE TRA 1,5 E 2

BASSO < 1

 

QUICK RATIO (MRQ)

QUOZIENTE DI LIQUIDITÀ PRIMARIA (TRIMESTRE PIU’ RECENTE)

 

Uno degli indici usati nell’ambito delle analisi di liquidità dell’impresa è il quick ratio detto anche indice di liquidità primaria o indice secco di liquidità o acid test ratio.

COME SI CALCOLA.

Il quick ratio è un rapporto che vede al numeratore la somma tra liquidità immediate e differite e a denominatore le passività correnti dell’impresa.

 quick ratio = (Liquidità immediate+ Liquidità differite)/ Passività correnti

COSA ESPRIME

Il quick ratio esprime la capacità dell’impresa di far fronte alle uscite correnti (rappresentate dalle passività correnti) con le poste maggiormente liquide delle attività correnti (liquidità immediate e differite).

MAGGIORE DI UNO

Le liquidità immediate e differite sono maggiori della passività correnti.

L’impresa è in grado di far fronte alle uscite future, derivati dall’estinzione delle passività a breve, con le entrate future provenienti dal realizzo delle poste maggiormente liquide delle attività correnti.

UGUALE A UNO

Le liquidità immediate e differite sono uguali alle passività correnti.

La situazione di liquidità dell’impresa è critica poiché le entrate future  provenienti dal realizzo delle poste maggiormente liquide delle attività correnti sono appena sufficienti a coprire le uscite future, derivati dall’estinzione delle passività a breve.

MINORE DI UNO

Le liquidità immediate e differite sono inferiori alle passività correnti.

La situazione di liquidità dell’impresa è grave poiché le entrate future  provenienti dal realizzo delle poste più liquide delle attività correnti non sono sufficienti a coprire le uscite future, derivati dall’estinzione delle passività a breve.

 

QUALI SONO I VALORI OTTIMALI

Secondo la dottrina,  il quick ratio esprime una buona condizione di liquidità nel caso in cui assume valori prossimi ad uno.

 

ALTO > 3

BUONO TRA 0,5 E 2,5

BASSO < 0,5

 

LONG TERM DEBT/EQUITY e DEBT EQUITY (MRQ)

INDICE DI INDEBITAMENTO O LEVERAGE O RISK (TRIMESTRE PIU’ RECENTE)

 

ll debt/equity è un parametro che ci serve a capire quanto un’azienda è indebitata rispetto al patrimonio netto.

Per ottenerlo basterà dividere i debiti onerosi (quelli su cui l’azienda paga gli interessi) * il patrimonio netto dell’azienda stessa.

Una volta calcolato questo numero sarà superiore o inferiore a 1.

Quando è superiore, l’azienda risulta troppo indebitata rispetto al patrimonio netto e nel lungo periodo potrebbe non essere una situazione sostenibile. Viceversa valori inferiori ad 1 indicano un livello di indebitamento non elevato e positivo per la società.

 

Per affitti, prestiti e finanziamenti di durata maggiore di 1 anno l’indice di indebitamento è detto long term.

 

ALTO > 0,5

BASSO <0,1

 

GROSS PROFIT MARGIN (TTM)

MARGINE LORDO DI PROFITTO (12 MESI PASSATI)

Rappresenta Il totale delle vendite meno il costo di produzione e distribuzione della merce venduta, diviso per il totale delle vendite espresso in percentuale. Il margine lordo rappresenta la % di tutti i ricavi delle vendite che una compagnia mantiene dopo aver sostenuto i costi diretti associati alla produzione della merce e dei servizi venduti dalla compagnia. Più è alta la %, più la compagnia conserva su ogni dollaro di vendita da utilizzare per altri costi e obblighi.  

 

Margine lordo = (totale $ vendite - $Costi) /tot.$ vendite

 

Per esempio, una compagnia con 100.000 $ di vendita totale e 65.000$ in costi di produzione, ha un margine lordo del 35%.

Quindi, questa % rappresenta la percentuale lorda di profitto.

 

POSITIVO > 0%

NEGATIVO <0%

ALTO > 50%

 

OPERATING MARGIN (OPERATING PROFIT MARGIN). (TTM) o ROS (RETURN ON SALES)

MARGINE OPERATIVO LORDO (indicatore di redditività). (12 MESI PASSATI)

Il margine lordo operativo è la misurazione di che quantità di utile è rimasta dopo avere pagato per i vari costi di produzione, come salari, materiali grezzi, ecc…

In aggiunta ai costi di produzione, si sottraggono anche le “spese generali operative”, (salari, costi di marketing, costi di strutture e veicoli, svalutazione e ammortizzazione di macchinari, ecc…) indicando la quantità di profitto che rimane alla compagnia a fronte delle spese per tasse ed interessi. Per questa ragione è a volte riferita come EBIT, o earnings before interest and tax.

Un salutare margine lordo operativo è richiesto per una compagnia per essere in grado di pagare i propri costi fissi, quali gli interessi sui debiti.

E’ un rapporto utilizzato per misurare la strategia dei prezzi e l’efficienza dell’operatività della compagnia e fornisce un chiara indicazione se la compagnia ha un solido  profitto per espandersi finanziariamente.

 

Margine lordo operativo o ROS: Entrate operative/ ricavi vendite netti.

Da all’analista un’idea di quanto una compagnia fa (a fronte di interessi e tasse) su ogni dollaro di vendita. Se il margine di una compagnia aumenta col tempo, sta guadagnando più ogni per ogni dollaro di ricavo sulle vendite. Più è alto il margine, più è meglio.

Per esempio, se un’azienda ha un margine operativo del 12%, significa che sta facendo 0.12$ per ogni dollaro di vendita.

 

POSITIVO > 0%

NEGATIVO <0%

MOLTO NEGATIVO < -20 %

ALTO > 25%

 

NET PROFIT MARGIN (TTM)

MARGINE NETTO DI PROFITTO (12 MESI PASSATI)

Un indice di profittabilità calcolato come reddito netto (quindi entrate meno costi) diviso le vendite. Misura quanto è il guadagno su ogni dollaro di vendita.

A Differenza dei predecessori, in questo caso si includono anche tasse ed interessi. E’ quindi indicato il profitto netto.

 

POSITIVO > 0%

NEGATIVO <0%

MOLTO NEGATIVO < -20 %

ALTO > 20%

 

PAYOUT RATIO (TTM)

INDICE DI PREMIO DI PAGAMENTO (12 MESI PASSATI)

Rappresenta la % degli utili pagati agli azionisti con i dividendi.

Payou Ratio = Dividendi/utili (guadagni)

 

Il Pay Out Ratio (o Dividend Pay Out Ratio) rappresenta la percentuale di utili distribuita agli azionisti sotto forma di dividendi.
Generalmente esso è inferiore all'unità in quanto una parte di utili viene reinvestita nel processo produttivo. Il Pay Out Ratio può assumere valori superiori all'unità quando, in presenza di bassi utili, la società attinge alle riserve per il pagamento dei dividendi onde evitare di distribuire un dividendo eccessivamente contenuto.
Tipicamente le società con alti tassi di crescita che realizzano investimenti hanno un basso valore di Pay Out Ratio poichè la parte di utile non distribuita va a finanziare i nuovi investimenti che altrimenti richiederebbero l'apporto di nuovo capitale a titolo di debito (comportando un aumento del grado di leverage) o a titolo di capitale rischio. Viceversa, società operanti in settori considerati "maturi" presentano un più alto valore di Pay Out Ratio, distribuendo dividendi maggiori.
Il rapporto tra dividendi distribuiti e utili è un parametro indicativo della politica societaria: se il Pay Out è elevato si persegue una politica di sostegno dei dividendi; se il Pay Out è basso si sostiene una politica di autofinanziamento.

 

NULLO= 0%

POSITIVO > 0 %

BASSO < 20%

ALTO > 50%

 

INSIDER OWNERSHIP

PROPRIETÀ DEI MEMBRI DELLA COMPAGNIA

Indica la % di azioni possedute attualmente dal management della compagnia “insiders” calcolato sul totale delle azioni outstanding.

E’ calcolata come il totale di azioni possedute dai membri della compagnia (azionisti che posseggono più del 10% della compagnia od un funzionario o direttore della compagnia) diviso il totale delle azioni out standing.

Un alto valore di proprietà insider significa che coloro che dirigono e lavorano per la compagnia hanno un alto interesse nel successo della compagnia. Questo è a volte visto come un segno che coloro che guidano la compagnia lavoreranno duro per assicurare il successo o credono che il prezzo della compagnia crescerà.

Un cambiamento nella proprietà insider può accadere a seguito dell’esercizio di un opzione, donazione e compravendita di azioni. Un acquisto di titoli della compagnia significa fiducia nella performance futura da parte delle persone che conoscono meglio la compagnia. Anche il net insider buying è un importante indicatore per gli investitori.

Gli investitori istituzionali sono in gergo chiamati Elephants, in quanto a volte agiscono sul mercato con la delicatezza propria di un pachiderma. Attenzione, quindi. Una elevata quota di partecipazione degli investitori istituzionali è senza dubbio un segnale di fiducia nel futuro della società. Ma può anche rivelarsi un fattore di inquietudine nel caso che, a fronte di una notizia negativa, tali investitori decidano di liberarsi delle loro azioni sul mercato. Al contrario, una ridotta quota di partecipazione degli investitori istituzionali può essere un indice di sfiducia. Ma può anche rivelarsi un fattore esplosivo nel caso che, a fronte di una notizia positiva, tali investitori decidano di acquistare delle azioni sul mercato.

 

BASSO<5%

ALTO>30%

MOLTO ALTO>50%

 

INSIDER TRANSACTIONS (IN 6 MESI)

TRANSAZIONI DEGLI INSIDERS

Indica la % di azioni acquistate o vendute dal management della compagnia negli ultimi 6 mesi. Quindi il movimento delle azioni.

Rappresenta la % di cambiamento sul totale delle azioni circolanti (out standing).

L’insider trading può essere legale o illegale a seconda di come l’insider trada le proprie azioni. E’ illegale quando l’informazione materiale non è ancora pubblica, tradare quando si hanno specifiche conoscenze non è giusto per gli altri investitori che non hanno accesso a tali informazioni. Perciò insider trading include il dare delle dritte a chiunque, quando si hanno qualsiasi sorta di informazione riservata. I direttori, non sono gli unici che possono essere potenzialmente accusati di insider trading. Anche gente come brokers ed anche familiari possono essere colpevoli.

 

Insider trading è legale una volta che il materiale informativo è stato reso pubblico, quando l’insider non ha nessun vantaggio verso gli altri investitori. Il SEC, comunque richiedono sempre di riferire le proprie transazioni. Quindi, come insiders hanno una conoscenza del lavoro della propria compagnia, potrebbe essere saggio per l’investitore guardare questi reports per vedere quanto gli insiders stanno legalmente tradando le azioni della propria azienda.

 

Una grande % di vendite da parte degli insiders può significare mancanza di fiducia da parte dei dirigenti, oppure una decisione in un uptrend di portarsi a casa un buon guadagno, dopo anni di investimento.

 

Dipende dai punti di vista (da considerare con insider ownership)

 

MOLTO NEGATIVO<-20%

NEGATIVO<0%

POSITIVO>0%

MOLTO POSITIVO>20%


INSTITUTIONAL OWNERSHIP

PROPRIETÀ DEGLI ISTITUZIONALI

Indica la % di azioni possedute attualmente da investitori istituzionali “institutionals” calcolato sul totale delle azioni flottanti.

Un investitore istituzionale è un operatore economico (società privata o ente a controllo pubblico) che effettua considerevoli investimenti in maniera sistematica e cumulativa, disponendo di ingenti possibilità finanziarie proprie o affidategli. Dagli scopi dell'acquisizione di titoli (quotati o meno) deve essere esclusa la loro rivendita al pubblico indistinto.

 

Le proprietà istituzionali si riferiscono alla proprietà da parte di grosse organizzazioni finanziarie, fondi pensione o assicurative. Gli istituzionali generalmente acquisiscono grosse quantità di azioni out standing e possono esercitare notevole influenza sul management.

 

Sebbene molte società, particolarmente grosse (blu chip) hanno migliaia di azionisti, pochi tra questi hanno detengono spesso la maggioranza delle azioni. Questi grossi istituzionali sono finanziariamente ben supportati e giornalmente accumulano milioni di azioni di una singola società. Solitamente queste società sono fondi pensione, compagnie assicurative, hedge funds, banche commerciali, società d’investimento che gestiscono soldi di ricchi clienti. Ogni giorno, gli istituzionali tradano il maggior volume nei maggiori mercati come il Nyse ed il nasdaq.

Gli investitori istituzionali sono in gergo chiamati Elephants, in quanto a volte agiscono sul mercato con la delicatezza propria di un pachiderma. Attenzione, quindi. Una elevata quota di partecipazione degli investitori instituzionali è senza dubbio un segnale di fiducia nel futuro della società. Ma può anche rivelarsi un fattore di inquietudine nel caso che, a fronte di una notizia negativa, tali investitori decidano di liberarsi delle loro azioni sul mercato. Al contrario, una ridotta quota di partecipazione degli investitori instituzionali può essere un indice di sfiducia. Ma può anche rivelarsi un fattore esplosivo nel caso che, a fronte di una notizia positiva, tali investitori decidano di acquistare delle azioni sul mercato.

 

Quando si tratta di azioni comuni, le proprietà istituzionali sono solitamente espresse come % sul totale delle azioni out standing. In più, ogni proprietario che possiede più del 5% delle azioni outstanding di ogni società, deve divulgare i dettagli entro 10 giorni compilando un form 3d con la SEC.

 

Data la grande quantità di soldi che gli istituzionali investono, non è sorprendente che essi tendano ad essere molto più esperti dell’investitore medio quando si tratta di compagnie ed industrie nella quali hanno investito. I managers istituzionali spesso si incontrano personalmente con i più alti dirigenti delle compagnie, e in molti casi le ricerche che conducono sono ulteriormente supportate da analisti patrimoniali, conosciuti come “buy side analyst”, che valutano potenziali compagnie ed industrie molto profondamente prima di dare specifiche raccomandazioni d’investimento.

 

Considerando il vasto ammontare di risorse, talento e capacità di ricerca che questi managers isituzionali hanno a disposizione, le loro decisioni di investimento tendono a portare un grande peso con i piccoli investitori, molti dei quali analizzano i trades istituzionali molto attentamente. Per questa ragione il trading istituzionale può avere grande impatto nei titoli e possono anche influenzare la direzione del mercato in generale.

Molti investitori considerano il support istituzionale per un titolo un segno di approvazione, e l’accumulazione istituzionale di un titolo può alzare il prezzo considerevolmente. Comunque, altri investitori credono che una volta che molti istituzionali hanno accumulato titoli di una compagnia, è troppo tardi per realizzare sostanziali guadagni. Questi investitori deliberatamente cercano investimenti con piccole o non-istituzionali proprietari con il presupposto che i grossi traders presto “scopriranno” il titolo e lo spingeranno in alto.

 

Giusto come un aumento di proprietari istituzionali possono aumentare il prezzo, una diminuzione può a volte provocare un collasso del titolo. A parte l’impatto sfavorevole  della grande ondata di ordini di vendita, ciò è spesso preso come una mancanza di fiducia nella compagnia, che può motivare altri investitori a vendere le azioni. Quindi, compravendite di istituzionali, particolarmente chiamati “program trading”, possono iniettare una grossa quantità di volatilità in un titolo. Di rado, gli istituzionali sono capaci di acquistare società deboli ed a bassa capitalizzazione, e grosse posizioni devono essere spesso vendute in piccoli pezzi.

Infine, gli istituzionali esercitano grande influenza anche in altre cose. Dal momento che queste maggiori organizzazioni sono spesso la maggioranza degli azionisti, non sono affatto timidi ad offrire suggerimenti od opinioni di tanto in tanto, spesso pubblicamente. Per esempio, i proprietari istituzionali possono a volte mettere pressione al management nel ristrutturare la compagnia, vendere certi rami d’azienda e beni patrimoniali, od anche vendere l’intera compagnia. Occasionalmente possono perfino esprimenre la propria disapprovazione scatenando una vera e propria guerra legale.

 

BASSO<5%

ALTO>90%

 

INSTITUTIONAL TRANSACTIONS (IN 3 MESI)

TRANSAZIONI DEGLI ISTITUZIONALI

Indica la % di azioni acquistate o vendute dagli investitori istituzionali negli ultimi 3 mesi. Quindi il movimento delle azioni da parte di istituzionali. Rappresenta la % di cambiamento sul totale delle azioni flottanti.

 

Ovviamente una forte % sotto lo 0% è considerata negativa ma va letta con altri fattori, come la % di proprietà di azioni degli institutionals e la conformazione del grafico dei prezzi. Si possono quindi vedere alte vendite sui massimi di mercato o grossi acquisti sui minimi. (accumulazione/distribuzione).

 

Una strategia può essere quindi quella di tenere in considerazione il movimento degli institutionals su formazioni tecniche d’inversione quali doppi massimi/minimi ecc..

 

MOLTO NEGATIVO<-20%

NEGATIVO<0%

POSITIVO>0%

MOLTO POSITIVO>20%

 

INCOME (ENTRATE) (TTM)

NON INCLUSO NELLO SCREENER

Indica l’ammontare del profitto netto di una azienda negli ultimi 12 mesi (TTM) in dollari.

 

SALES (VENDITE) O REVENUE (TTM) - (PIU’ RECENTE TRIMESTRE)

NON INCLUSO NELLO SCREENER

Indica l’ammontare delle vendite di una azienda negli ultimi 12 mesi (TTM) in dollari. La differenza tra sales e income, da i costi.

 

BOOK/SHARES (MRQ) - NON INCLUSO NELLO SCREENER

(PIU’ RECENTE TRIMESTRE)

E’ il misuratore utilizzato dai proprietari di azioni di un’azienda per determinare il livello di sicurezza associato ad ogni azione individuale dopo che tutti i debiti sono stati pagati.

Se la compagnia decide di sciogliersi, indica il valore in dollari rimanenti per gli azionisti comuni dopo che tutti i beni e le risorse sono liquidati e tutti i debitori pagati.

E’ l’ammontare dei soldi che l’azionista riceverebbe se la compagnia venisse liquidata.

 

EMPLOYES (IMPIEGATI)

Indica il numero totale di dipendenti e impiegati a tempo pieno della azienda.

 



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